Le nuove rivelazioni di Raffaele Cutolo sul caso Moro si aggiungono a cataste di fascicoli contenenti particolari e testimonianze raccolte in quasi 40 anni di storia italiana. Gero Grassi, parlamentare Pd e componente della Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro, sgombra subito il campo da dubbi: “Siamo stati noi a volerlo interrogare”, cosa che è avvenuta il 14 settembre scorso, nel carcere di Parma.
Grassi e la commissione parlamentare, tassello dopo tassello, stanno cercando di ricomporre il mosaico che dovrebbe restituire una immagine un po’ più chiara di ciò che avvenne prima, durante e dopo il rapimento dello statista italiano.
“Nell'interrogatorio di Parma – riferisce -, Cutolo ha detto delle cose ma il contenuto di qualche articolo che è stato pubblicato in questi giorni è parzialmente falso”. Cosa ha detto l’ex boss? “Sostanzialmente che il rapporto tra Br e Ndrangheta era precedente al caso Moro e ci fu un passaggio di armi, dalla organizzazione mafiosa a quella terroristica. E questa cosa è veritiera perché nel corso delle nostre indagini sulla vicenda Moro, la presenza della Ndrangheta si riproduce più volte”.
Cutolo parla, poi, del ruolo di Giuliano Granata, scomparso qualche anno fa, all'epoca dei fatti avvocato e sindaco di Giugliano, il quale “gli avrebbe detto per nome e per conto di qualcuno, forse Gava, di cercare Moro. Cutolo, sempre secondo la sua versione, tramite Enzo Casillo e Nicolino Selis, lo avrebbe trovato Moro nella prigione di via Montalcini e si sarebbe preparato all’attacco per liberarlo ma sarebbe stato fermato dai due che gli avrebbero detto ‘lascia stare perché non lo vogliono vivo’. Al di là di queste cose che dice, la cosa seria, reale, è che uno dei suoi uomini fidati, Casillo, era un uomo dei Servizi, infatti qualche anno dopo, quando fu ritrovato morto, aveva addosso la tessera dei Servizi”.
Sui presunti rapporti tra criminalità organizzata e Servizi deviati c'è anche una pagina su Wikipedia. Intanto nella seduta del 17 novembre, 3 giorni dopo l'interrogatorio di Cutolo, la commissione presieduta da Giuseppe Fioroni, verbalizza l'invio di documentazione segreta alla DNA e alla Procura di Roma. Ma quale può essere la qualità delle rivelazioni di un uomo dal profilo criminologico tendente all'egocentrismo, al fanatismo?
La criminologa
Per la criminologa Caterina De Falco, il profilo di personalità di Cutolo si presta a varie riflessioni. “Megalomane, narcisista, va a vivere in un castello, impone una rottura nelle dinamiche della gestione degli affari criminali. Anche la guerra con Alfieri rappresenta il suo voler sfidare e voler affermare il proprio potere, su territori sempre più vasti e su affari sempre più importanti.
La criminalità organizzata è molto cambiata a partire da lui, un personaggio che ha voluto molto apparire e che ha avuto un continuo bisogno di specchi umani in cui riflettersi”.
Caterina De Falco è Responsabile dell'area di Scienze criminologiche della Scuola bruniana di formazione e di aggiornamento forense dell'Ordine degli Avvocati di Nola. Premette che le sue considerazioni si basano su ciò che si conosce di Cutolo, che è pubblico. “Chiaramente la mia conoscenza del soggetto è limitata – precisa - penso che una anamnesi familiare potrebbe definire l’origine della sua personalità narcisistica. Anche questa dichiarazione potrebbe rappresentare la sua necessità di farsi notare, ogni tanto dice qualcosa, pur essendo consapevole che da quel regime detentivo non potrà uscire, rompe il silenzio per attirare l’attenzione mediatica.
E’ pur vero che nel periodo a cui si riferisce, c’è stata una commistione tra poteri criminali e Servizi deviati, lo abbiamo visto per la Banda della Magliana ed è probabile che questo possa essere accaduto anche con la Camorra e, dunque, ci fa apparire un po’ più credibile l’ipotesi che Cutolo possa effettivamente sapere qualcosa del rapimento Moro".
Ma altri elementi alimentano dubbi sulle sue affermazioni.