Ormai è diventato un tormentone: voto anticipato in caso di vittoria del No? Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, frena sull'ipotesi di una verifica della situazione politica in relazione all'esito del Referendum e, a "Porta a porta", risponde che "il giorno in cui si torna a votare lo decide il presidente della Repubblica", Sergio Mattarella, "sulla base delle decisioni del Parlamento".
Da circa sei mesi si parla solo del futuro del Governo, sottolinea Renzi, mentre sembra passata in secondo piano la domanda principale: volete sì o no il superamento del vecchio sistema? Mancano dieci giorni al Referendum, e tutti - addetti ai lavori e non - hanno la testa al probabile scenario del 5 dicembre, come se fosse la data di un cambiamento epocale per le istituzioni e il mondo della politica. "Se vince il no non cambia nulla" è l'opinione che emerge da più parti, nella convinzione che il Governo continuerà a rimanere in carica, forte della maggioranza in Parlamento. C'è un altro aspetto, non meno rilevante, che rende remota l'ipotesi delle elezioni anticipate: non avendo la certezza di tornare nuovamente sulla stessa poltrona, pochi parlamentari correrebbero il rischio di lasciare definitivamente Roma.
Munchau: 'Rischi per l'euro'
È alta l'attenzione dell'Europa. Il Financial Times e il Wall Street Journal hanno dedicato notevole spazio al Referendum previsto domenica 4 dicembre in Italia, ma soprattutto alle eventuali ripercussioni sul piano politico e su quello economico, evidenziando rischi di una certa gravità per l'euro. Wolfgang Munchau del Ft non usa mezzi termini: "Se Renzi dovesse perdere il Referendum costituzionale mi aspetto una sequenza di eventi che metterebbe in dubbio la partecipazione dell'Italia all'Eurozona". Secondo Munchau tale possibilità non sarebbe solamente legata al Referendum, ma alla performance economica del nostro Paese, che dall'anno del debutto dell'euro nei mercati finanziari, precisamente dal 1999, ha visto calare del 5 per cento la Tfp, la cosiddetta Total factor productivity, la produttività totale dei fattori, mentre in Germania e in Francia è aumentata del 10 per cento.
Per il Wsj, "se respinto, il Referendum avrà il potere di far tremare i titoli bancari".
Tar, inammissibile il ricorso di Onida
Intanto, è stato dichiarato inammissibile, dal Tar del Lazio, il ricorso sul Referendum presentato da Valerio Onida, presidente della Corte costituzionale dal 22 settembre 2004 al 30 gennaio 2005, "per difetto assoluto di giurisdizione". Era stato impugnato il quesito referendario e il decreto d'indizione del Presidente della Repubblica. Secondo Onida, in un unico quesito verrebbe sottoposta all'elettore una pluralità di oggetti definiti "eterogenei". Nel ricorso si chiedeva di rimettere la questione alla Corte costituzionale. Nella sentenza, si sottolinea che il giudice amministrativo non può giudicare gli atti in materia di referendum dell'Ufficio centrale, che è un "organo rigorosamente neutrale". Relativamente al decreto d'indizione, non è impugnabile innanzi al giudice amministrativo.