Sembra essere arrivata al capolinea la storia d’amore fra Andrea Ranocchia e l’Inter. L’amore mai sbocciato fra l'ormai ex capitano e la tifoseria e le recenti umiliazioni di Mancini nei suoi confronti che ha preferito adattare Medel, piuttosto che schierarlo al centro della difesa sono i segnali più forti del possibile addio a gennaio. Peccato, peccato davvero, perché i presupposti c’erano tutti per diventare una bandiera.
Il numero di maglia ereditato dal grintoso Materazzi e quella fascia da leader, passaggio di consegne ricevuta dall’ eterno Zanetti. Operazione immagine che forse ha pesato più di ogni altra cosa. Troppo semplice il paragone caratteriale con il campione del Mondo Matrix, duro, deciso, tutte caratteristiche che la tifoseria accusa Andrea di non avere. Enorme l’abisso tecnico con Il Capitano Javier, difficilmente sostituibile e che forse ancor oggi avrebbe fatto comodo sulla fascia.
La nazionale a rischio
Rimanere all’Inter, significherebbe perdere la nazionale. Conte è stato chiaro: chi non gioca non viene convocato.
In molti gli hanno consigliato di lasciare Milano. La tifoseria non lo ha mai amato e mai lo amerà. Lui è rimasto per lottare, come fanno i signori, come fanno i campioni ma a questo punto è chiaro che Mancini ha già scelto a priori. Potrebbe recuperare anche infiniti palloni in allenamento, ma difficilmente sarebbe titolare. Mancini, che di calciatori ne ha bruciati tanti, vedi Shaqiri e Kovacic prima e Brozovic e Kondogbia ora ha scelto di sacrificare al suo ego anche lui.
Non tutte le storie d’amore si concludono con un si e questo Andrea lo sa. Quasi certamente il tempo gli darà ragione. Potrebbe restare fino a fine stagione, aspettare il sicuro esonero di Mancini e conquistarsi il posto il prossimo anno, ma significherebbe perdersi l’europeo.
Ne è un esempio Roby Baggio che scelse di andar via pur di non subire Lippi, salvo poi esser beffato dal suo inevitabile esonero.
Così il capitano triste, Andrea Ranocchia, è obbligato controvoglia ad andare via. Ma senza toni accesi, senza alzare la voce o sbattere la porta. Se ne andrà a modo suo, da signore, da uomo di classe, quella classe così rara e poco apprezzata oggi che ne avrebbe fatto un degno erede di Zanetti, Maldini o Del Piero. Ma oggi si sa, le bandiere non esistono più, perchè il calcio è ormai business, scandali e non più poesia.