L'Inter, nonostante una striscia di sei stracittadine vinte consecutivamente, è caduta in un Derby della Madonnina elettrizzante. L'Atalanta si è arresa inaspettatamente al Como. Due storie diverse, unite dal filo rosso della tattica e dell'imprevedibilità del calcio.

Milano, San Siro: il Derby ribalta le aspettative

Il Derby della Madonnina si è confermato ancora una volta una partita a sé, capace di sfuggire a ogni pronostico. L'Inter di Simone Inzaghi, forte dei recenti successi nei confronti stracittadini, si è trovata di fronte a un Milan rinato, determinato a interrompere l'egemonia nerazzurra.

Il piano tattico di Fonseca

Paulo Fonseca ha orchestrato una sinfonia tattica in crescendo. Nel primo tempo, il suo Milan ha studiato l'avversario, quasi soffrendo ma senza mai perdere la bussola.

Anche se la rimonta iniziale di Dimarco aveva fatto tornare alla testa dei tifosi milanisti i fantasmi della recente sconfitta con il Liverpool. La ripresa ha visto i rossoneri salire di colpo, pressando alto e aggredendo gli spazi. Ma questi dati sono solo la punta dell'iceberg. Il vero capolavoro del Milan è stato nella gestione degli spazi. Sugli scudi Tijani Reijnders, la cui visione di gioco e la capacità di far risalire il campo alla squadra ha messo in crisi la solidità difensiva nerazzurra che a un certo punto non è riuscita a leggere i tagli degli avversari.

L'Inter e il peso del momento

L'Inter è arrivata al derby carica del peso di dover confermare la propria supremazia cittadina. La recente partita di Champions contro il Manchester City potrebbe aver lasciato il segno. La squadra di Inzaghi, abituata a dettare il ritmo, si è trovata a rincorrere, perdendo quelle certezze tattiche che l'avevano resa così efficace nei derby precedenti. Per una volta è stata l’Inter a concedere e subire le ripartenze del Milan che ha giocato quasi sempre in verticale dopo il recupero del pallone. Questo ribaltamento è la fotografia perfetta di come il Milan abbia saputo cambiare l'inerzia della partita, costringendo l'Inter a un gioco meno fluido e più prevedibile.

Bergamo, Gewiss Stadium: quando il maestro diventa allievo

Se il Derby è stato un ribaltone tattico, Atalanta-Como è stata la storia di un piano perfetto. Cesc Fabregas, alla sua prima esperienza da allenatore, ha dato una lezione di pragmatismo tattico al maestro Gasperini.

Il Como e l'arte della difesa attiva

Fabregas ha impostato una partita di contenimento attivo. Il suo Como non si è limitato a difendere, ma ha saputo quando e come alzare il baricentro, creando densità nelle zone di campo più pericolose dell'Atalanta. Il risultato? Una Dea confusa, incapace di trovare i suoi soliti spazi tra le linee.

L'Atalanta e la crisi d'identità

L'Atalanta di Gasperini si è trovata di fronte a uno specchio deformante.

Le sue armi - pressing alto, cambi di gioco rapidi, inserimenti dei centrocampisti - sono state neutralizzate da un Como che sembrava conoscere a memoria ogni mossa bergamasca. Basti pensare che il Como è andato avanti per contrasti tentati (38 a 18) e per intercetti riusciti (13 a 6). In una squadra come l'Atalanta, abituata a dominare fisicamente l'avversario, questo dato è un campanello d'allarme che va oltre la singola partita. Cosa chiara anche a Gasperini, che non ha voluto alibi e ha ammesso: “Veniamo fuori male da questa partita, abbiamo fatto tanti cambi anche per conoscere un po' gli altri giocatori. Sicuramente non abbiamo fatto una buona gara e il Como è stato più bravo di noi”.