Dopo la celebre “curva Fanfani”, passata alla storia per la modifica al tracciato dell’autostrada del Sole voluta dal politico democristiano per favorire il suo territorio di Arezzo, oggi la politica italiana parla della “stazione Tajani”. Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Affari Esteri, ha proposto la realizzazione di una stazione dell’alta velocità a Ferentino, in provincia di Frosinone.

L’intervento previsto mira a creare una fermata moderna e attrezzata, in grado di servire non solo la provincia di Frosinone ma anche l’intero Basso Lazio e le aree limitrofe. L’obiettivo è offrire un collegamento veloce con Roma e con il resto della rete nazionale, aumentando l’attrattività economica e industriale del territorio.

La madre di Tajani insegnava latino e greco proprio a Ferentino, segno di un legame profondo con la città, che conta oggi poco meno di 20mila abitanti. Così dopo la scelta di Fanfani e l'incidente Lollobrigida, quando il ministro dell'agricoltura aveva obbligato un treno ad alta velocità a fare una fermata extra per lui - anche Tajani cerca di intitolarsi una stazione.

Il sostegno politico e sindacale al progetto

Il progetto ha trovato ampio sostegno politico e sindacale.

La Cisl ha promosso un convegno dal titolo “La rinascita del Basso Lazio – Il futuro della mobilità con la Tav”, a cui hanno partecipato Tajani e il presidente della Regione Lazio Francesco Rocca. Durante l’evento, il segretario regionale della Cisl Lazio, Enrico Coppotelli, ha definito la stazione come "non negoziabile", sottolineando l’importanza di un’infrastruttura che possa ridurre i tempi di spostamento e favorire nuovi investimenti.

Il presidente Rocca ha evidenziato che la stazione Tav di Ferentino-Supino potrebbe generare un flusso di circa 5.600 passeggeri al giorno. Il collegamento rapido con Roma Tiburtina, stimato in 28 minuti, rappresenterebbe un miglioramento significativo per la mobilità quotidiana e per le relazioni economiche dell’area.

A sostegno del progetto si sono espressi anche esponenti politici come Massimo Ruspandini, deputato di Fratelli d’Italia, che ha invitato a superare logiche di partito e campanilismi per favorire un’azione unitaria.

l ruolo del governo e i prossimi passi

Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, ha convocato per il 3 luglio un incontro dedicato al tema della stazione Tav di Ferentino. In questa occasione si discuteranno i dettagli tecnici e finanziari dell’intervento, nonché le possibili tempistiche. Anche il neo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Luigi Sbarra, già leader della Cisl, ha sostenuto la proposta, dichiarando che il Basso Lazio non è una terra depressa ma una zona che rischia di essere trascurata.

La realizzazione della stazione viene quindi vista dal governo di Giorgia Meloni e dai fedelissimi della premier come un’opportunità concreta per rafforzare la presenza infrastrutturale e stimolare nuovi progetti industriali e turistici. Il progetto si inserisce in una più ampia strategia di sviluppo che mira a valorizzare aree meno centrali rispetto ai grandi assi di traffico nazionali. Con una stazione ad alta velocità, Ferentino potrebbe posizionarsi come un punto di riferimento per il Sud della provincia di Frosinone e per l’intero Lazio meridionale.

La lezione della “curva Fanfani”

L’autostrada del Sole è uno dei simboli più importanti dell’Italia del dopoguerra, un’arteria che unisce il Paese da nord a sud.

In origine, il tracciato previsto non passava da Arezzo. Fu Amintore Fanfani, politico democristiano, ministro e più volte presidente del Consiglio, a battersi con determinazione per deviare il percorso.

La cosiddetta “curva Fanfani” nacque proprio da questa battaglia politica: Fanfani, fortemente legato al suo collegio elettorale toscano, spinse per inserire Arezzo nel percorso dell’autostrada. Il risultato fu una modifica del tracciato che allungava leggermente i tempi di percorrenza ma garantiva una ricaduta economica e infrastrutturale fondamentale per la città. Quell’episodio è rimasto nella memoria collettiva come esempio di come la politica potesse piegare le grandi opere agli interessi locali, trasformando scelte infrastrutturali in strumenti di sviluppo territoriale. La “curva Fanfani” non fu solo una deviazione stradale ma un simbolo di potere e di strategia, che consolidò il consenso del politico toscano nel proprio territorio.