Aprile 2011, in un'anonima pizzeria di Marghera l'imprenditore Nicola Falconi passa una busta al consulente del consorzio 'Venezia Nuova' Pio Savioli. Le telecamere nascoste dalla Guardia di Finanza registrano il passaggio di mano della busta consistente che fatica ad uscire dalla tasca dei pantaloni del Falconi. Per gli inquirenti è una delle tante prove e di tanti riscontri su come a gestire gli appalti del Mose degli ultimi 10 anni sia stata la cupola del consorzio che presieduta da Giovanni Mazzacurati che elargiva tangenti a politici, magistrati e finanzieri.
Ma a smascherare l'enorme giro di soldi illeciti sono state anche le stesse denunce dei redditi delle persone coinvolte nell'inchiesta. Indagati ed arrestati indicavano un tenore di vita ben inferiore a quello che avevano. Auto di lusso, viaggi, soggiorni in alberghi costosissimi, dimore e residenze di prestigio. Il presidente del consorzio Mazzacurati non bada a spese pur di garantirsi agi e sistemazioni lussuose.
L'ex governatore del Veneto Giancarlo Galan in 10 anni avrebbe speso 1 milione e 200 mila euro in più di quello che aveva dichiarato. Il generale della Guardia di Finanza Emilio Spaziante non avrebbe dichiarato invece 1 milione e 700 mila euro.
Si sentiva sicura la cricca del consorzio tanto da tenere i soldi delle tangenti in ufficio pronti poi a buttarli dietro l'armadio di fronte a un controllo delle fiamme gialle oppure addirittura disposti ad ingoiare le prove in caso di controlli per non lasciare nessuna traccia.