Mentre ancora non si spegne l'eco dei fatti di Rouen, rimbalzano sui media le parole di Papa Francesco. Immediate, semplici, ma dense di significati, che evidenziano la triste realtà di un mondo devastato da un terrorismo globale. Un mondo che vede il susseguirsi di stragi e azioni criminali, motivate da pseudo-ideali religiosi. E la cristianità, sconvolta dall'assassinio efferato di un suo ministro, assiste al concretizzarsi di una guerra apparentemente ideologica.
Ai giornalisti presenti sul volo che ieri lo portava a Cracovia, in occasione della giornata della gioventù, Papa Bergoglio ha risposto con il suo linguaggio consueto, scevro da ogni forma di retorica.
"Nessuna religione vuole la guerra"
In realtà, il discorso sottende verità storiche che affondano le loro radici nella legittimazione del potere politico di molte religioni: dal giudaismo al cattolicesimo, ma soprattutto l'Islam. Quest'ultimo ha sempre svolto un ruolo di aggregazione identitaria e culturale, ma oggi porta avanti una missione sfacciatamente propagandistica e manipolatoria.
Come evidenzia Papa Francesco, sono in gioco interessi di carattere economico.
Le propagande, si sa, sono sempre servite alla manipolazione di masse spesso inconsapevoli, comunque vittime di sistemi socio-economici deprecabili. Ma oggi assistiamo al carattere addirittura "salvifico" di omicidi, perpetrati quasi sempre da individui emarginati e frustrati. È il riscatto di chi, incapace di integrarsi in società spesso etnocentriche, cerca la popolarità o il "paradiso", anche a costo della morte.
"È una guerra combattuta a pezzi - dice il Papa - non è tanto organica, forse organizzata". Organizzata da menti diaboliche che, sapientemente, riescono a strumentalizzare anche la comunicazione mediatica, mietendo proseliti in tutto il mondo. Un mondo che soffre anche per le pecche della globalizzazione.
Ancora una volta, il Santo Padre venuto dall'altra parte del globo, avvezzo al confronto con realtà sociali di estrema miseria, sa parlare con grande intelligenza politica a tutti. Agli emarginati, ai grandi della terra, a chi ancora prega un Dio che, ormai, muore sugli altari.