Arriva come un uragano, che trascina con sè ogni espressione culturale democratica, distruggendo i pilastri della libertà intellettuale, la notizia della messa al bando, nella Turchia di Erdogan, del nostro premio Nobel: Dario Fo. Coinvolto nel vortice della repressione turca attuale, unitamente a Shakespeare, Cechov e Brecht, Fo irride al provvedimento del teatro statale turco e apparentemente non mostra alcuna preoccupazione.
Anzi, si dichiara lusingato dalla 'censura', che lo pone al fianco di nomi così illustri del teatro internazionale, considerandolo addirittura come un secondo premio Nobel.
No alla cultura democratica occidentale
La versione ufficiale della messa al bando è che le opere di questi autori non incarnano lo 'spirito nazionale turco', ma questa ennesima operazione di purga evidenzia le caratteristiche intransigenti e manipolatorie del 'regime' di Erdogan. Fo non è nuovo a questo genere di sanzioni. Col suo teatro si è sempre fatto portavoce di quel mondo intellettuale libero e avulso da ogni asservimento politico, che non può trovare spazio in una cultura di 'regime'. La censura, a detta di Fo, è un rimedio estremo perpetrato ai danni di chi si teme.
In realtà si vuole colpire la 'cultura democratica occidentale'.
Le cause
Interrogato sulle cause di un simile provvedimento, l'attore, che dichiara di essere stato informato telefonicamente da un'amica attrice turca, spiega che nei giorni scorsi erano in scena in Turchia molti suoi testi, tra i quali: "Morte accidentale di un anarchico". Quest'ultimo è stato visto come un'accusa alla polizia turca. In esso si parla dei regimi repressivi, che trovano negli arresti di innocenti, nella tortura e negli 'insabbiamenti di verità', la tutela della propria precaria stabilità. Infine, alla domanda se abbia paura, con la sua usuale ironia, Fo conclude asserendo di avere qualche preoccupazione, perchè è stato accomunato a tre grandi autori, tutti morti, mentre lui è ancora in vita. Ma forse questo Erdogan non lo sa. E speriamo, conclude l'attore, che 'nessuno glielo vada a dire'.