Negli ultimi vent'anni i premi Nobel per la medicina sono sempre stati condivisi, unica eccezione nel 2010 con Robert Geoffrey Edwards per "lo sviluppo della fecondazione in vitro" e nel 1999 con Gunter Blobel per " la scoperta che le proteine hanno segnali intrinseci che governano il loro trasporto e la loro localizzzazione all'interno della cellula". Nel 2016 Yoshinori Ohsumi, da solo,  ha vinto per aver scoperto "i meccanismi di autofagia",  utilizzati dalle cellule per la "pulizia" o per sostenersi in situazioni "difficili" come il digiuno.

L'autofagia

La parola di origine greca deriva da auto- che significa io e fagia- che significa mangiare. Il termine coniato in corrispondenza delle prime osservazioni scientifiche  di cellule che fagocitavano parti di se stesse  racchiudendole in membrane e poi distruggendole oppure trasportando dei piccoli "sacchetti" alle cellule deputate al riciclaggio come i lisosomi. La scoperta degli organelli chiamati lisosomi hanno portato al suo scopritore Christian de Duve il Nobel nel 1974, essi hanno una funzione di "centro di lavoro" per la degradazione dei costituenti cellulari. Dopo le infezioni il meccanismo dell'autofagia è in grafo di eliminare virus e batteri, oppure può essere usato dalla cellula per eliminare organelli e proteine danneggiati, risorsa fondamentale per contrastare l' invecchiamento cellulare.

L'esperimento di Ohsumi

I suoi studi fina dal 1988 erano principalmente concentrati su un altro tipo di organello il vacuolo che per similitudini funzionali corrisponde ai lisosomi delle cellule umane. Ha utilizzato cellule di lievito perché sono molto facili da osservare e replicare anche se hanno un limite: sono molto piccole e non è facilmente osservabile il processo di autofagia con il microscopio. La scoperta di Ohsumi ha inizio quando decide di coltivare cellule di lievito mutato in modo tale da interrompere il processo di degradazione del vacuolo inducendo autofagia da digiuno. Il risultato è stato sorprendente in poche ore i vacuoli erano stati riempiti da cellule non degradate raddoppiando il loro volume e dimostrando che il meccanismo di autofagia esiste anche nelle cellule di lievito.

Una volta chiarito il meccanismo dell'autofagia, che era noto già da tempo, ha utilizzato queste cellule di lievito per scoprire quali geni, quali proteine e cosa ne regola la fase di iniziazione del processo  arrivando a fornire le basi per la ricerca  sui meccanismi di autofagia di cellule umane.

Le applicazioni

Grazie al contributo di Ohsumi si potranno applicare le scoperte dei meccanismi che scatenano il processo collegato all'autofagia a malattie come il Parkinson e al diabete di tipo 2. Disturbi nel meccanismo di funzionamento dell'autofagia sono riconducibili anche al cancro e all'abbassamento delle difese immunitarie che vengono come " addormentate" o "corrotte" dalle cellule tumorali in modo tale da facilitarne l'avanzamento. Grazie all'intensa attività di ricerca si potranno formulare farmaci mirati ad attivare l'autofagia al presentarsi di diverse malattie.