Il bombardamento avvenuto nella zona di Khan Sheikun avrebbe comportato il rilascio di specifici agenti chimici nocivi dagli effetti letali, un orrore senza precedenti nel conflitto siriano. I media si sono precipitati sulla vicenda spingendo al limite le informazioni grezze raccolte dalle fonti disponibili sul territorio. L’età dell’informazione massiva ha impacchettato la formula magica del ready-made: la notizia che conta è la più veloce, indipendentemente dal suo contenuto. Queste poche righe si propongono l’obiettivo di effettuare un punto sulla situazione, con un respiro ampio e l’equilibrio delle parti in causa.

Per fare una frittata, si dice, bisogna rompere le uova, ma è certo che il sapore della frittata dipenderà molto dalla qualità e dalla quantità di uova usate. In questo senso, Giovanni Buridano, un filosofo italiano del ‘300: Un asino affamato e assetato è accovacciato esattamente tra due mucchi di fieno con, vicino a ognuno, un secchio d'acqua, ma non c'è niente che lo determini ad andare da una parte piuttosto che dall'altra. Perciò, resta fermo e muore".

Siria e armi chimiche, una storia infinita

Quello di Khan Sheikhun è il più grave attacco chimico nella guerra civile siriana da quello che, il 21 agosto del 2013, provocò 1.400 morti nella Ghuta Orientale.

Fu quell'attacco, in cui secondo gli ispettori dell'Onu furono usati razzi contenenti gas Sarin, ad influenzare -o giustificare- una netta presa di posizione del Presidente Obama contro l’ostile regime di Assad ed il vicino Putin. Allora, la guerra fu scongiurata da un accordo tra Russia e America che portò il regime siriano ad ammettere il possesso di armi chimiche e ad accettare la loro eliminazione. Nel 2015 l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) annunciò di aver distrutto il 99% delle armi chimiche di Assad. Nell'Agosto dello scorso anno un'inchiesta mirata dell'Opac e dell'Onu individuò tre bombardamenti con cloro attribuibili alle forze governative, mentre lo Stato islamico aveva utilizzato iprite in almeno un attacco.

Tutto ciò, per raggiungere il bandolo della matassa: gli Usa hanno presentato una bozza di risoluzione al Consiglio di Sicurezza Onu in cui si chiede al governo di Assad di collaborare nell'inchiesta su quanto avvenuto.

Una sfortunata serie di eventi

E’ indubbio che la Siria, negli ultimi anni, sia diventata lo scacchiere del mondo, un po’ più triste è contemplare il fatto che i pedoni siano, spesso e volentieri, i media. Quella di Khan Sheikhun non è l’area metropolitana di Berlino, consequenzialmente, la copertura mediatica della regione risulta meno intensiva. Ma chi ha diramato la notizia? L’Osservatorio siriano per i diritti umani, che, di fatto, è composto da una sola persona, residente a Londra, finita in passato nel mirino del New York Times per presunti finanziamenti del Governo britannico.

La seconda fonte è quella dei White Helmets, organizzazione di soccorso vicina ad Al Qaeda. Il vantaggio di Assad nella guerra all’Isis è un ulteriore punto di incongruenza che non ammetterebbe il ricorso al gas Sarin. La Siria -confusamente- scarica il barile sui ribelli mentre Mosca, contrariamente, ribatte: “Le armi esplose a Khan Sheikhun sono le stesse che i miliziani di Fatah al-Sham hanno utilizzato ad Aleppo”. Il bombardamento siriano avrebbe, pertanto, colpito un deposito di armi chimiche in dotazione ai ribelli. Un dato che cambia decisamente la carte in tavolo.

L’Umanità è morta in Siria?

L’Asino di Buridano è lì, assetato ed affamato, posto dinanzi a due valide alternative perfettamente soddisfacenti.

Intanto, a Khan Sheikhun ci sono 25 bambini e 16 donne tra i 74 civili morti per soffocamento, un bilancio destinato a salire per il numero esorbitante di contaminati. In un mondo in cui il cittadino medio è costantemente bombardato d’informazioni, di dati, d'aberrazioni, siamo chiamati a scegliere per la destra o la sinistra, la montagna o il mare, l’acqua o il fieno: se l’Umanità è davvero morta in Siria, l’importante è non lasciarsi morire.