Nel 1950, durante un pranzo alla mensa nei laboratori di Los Alamos, Enrico Fermi prende parte a una conversazione con alcuni colleghi, tra cui il fisico Edward Teller. La conversazione verte su un recente avvistamento UFO riportato dalla stampa, su cui ironizza una vignetta satirica del giornale. La discussione si protrae su vari argomenti correlati finché improvvisamente, l'italiano accantona il suo panino, si alza ed esclama: "Se ci sono così tanti alieni, dove sono tutti quanti?"

Pochi fotogrammi, tante domande

I primi, pochi, grezzi, pixel rilasciati dall'agenzia spaziale hanno un valore più simbolico che sostanziale: gli scienziati stanno oculatamente analizzando le caratteristiche della stella nana ultra-fredda che mesi fa ha smosso la cronaca scientifica di tutto il mondo.

Indubbiamente, non si può vedere molto dai fotogrammi rilasciati: il telescopio Kepler, d'altro canto, utilizza i dati relativi alla luminosità della stella per identificare le orbite degli esopianeti.

Sappiamo che TRAPPIST-1 ha sette mondi rocciosi, tre dei quali potrebbero essere abitabili. Il transito di ognuno di questi causa una variazione della luminosità della stella.

Il telescopio Kepler ha osservato la stella per 74 giorni dal 15 Dicembre 2016 fino al 4 marzo e le informazioni raccolte dovrebbero aiutare gli scienziati a ottenere una migliore comprensione delle orbite e delle dimensioni dei mondi nel sistema. Lo sfarfallio dei pixel nei fotogrammi è causato da piccoli movimenti correttivi di Kepler nello spazio.

Where is everybody?

Si ritiene che i tre mondi di TRAPPIST-1 potrebbero avere acqua allo stato liquido sulla superficie, elemento fondamentale per la proliferazione di specie viventi. La NASA, contemporaneamente, sta lavorando a nuovi telescopi come lo James Webb Space Telescope: un gioiellino che potrebbe aiutarci ad elaborare la composizione dell'atmosfera dei tre pianeti. L'umanità non è mai stata così vicina a scoprire, a soli 40 anni luce da qui, la soluzione al pranzo indigesto di Fermi.