Sono rivelazioni che destano scalpore, anche se non proprio inaspettate, quelle rilasciate oggi, 26 giugno, di fronte alla Commissione parlamentare di inchiesta sul ‘caso Moro’ da Bassam Abu Sharif, ex leader del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Flpl). Secondo Sharif, i responsabili del rapimento dello statista democristiano Aldo Moro, avvenuto il 16 marzo 1978 a Roma, non potevano essere i membri delle Brigate Rosse, ma il governo degli Stati Uniti d’America.

L’ex guerrigliero palestinese mette in luce alcuni aspetti tecnici dell’agguato di via Fani, dicendosi convinto che le Br non possedessero la “professionalità” necessaria per uccidere 5 guardie del corpo, lasciando incolume l’ostaggio. Inoltre, sostiene Sharif, l’eliminazione di Moro avrebbe fatto parte di una strategia di sottomissione politico-economica portata avanti dagli Usa.

La deposizione di Abu Sharif: la dinamica dell’agguato di via Fani

Secondo l’ex leader del Flpl, le Br non sarebbero state in possesso delle capacità balistiche di “uccidere cinque guardie del corpo senza nemmeno ferire Moro”.

Una tesi che va esattamente in direzione contraria rispetto a quella esposta dal trio Clementi-Persichetti-Santalena nel recente saggio (pubblicato da DeriveApprodi nel marzo 2017) Brigate rosse-Vol I. Nel loro certosino lavoro, l’ex brigatista Paolo Persichetti e gli altri due autori sostengono che a compiere il putsch di via Fani fu un gruppo di fuoco di 10 militanti delle Brigate Rosse. Il loro intento è quello di smontare pezzo per pezzo, attraverso documenti e interviste, le numerose tesi complottiste, di cui quella di Abu Sharif sarebbe solo l’ultima versione.

Rapimento compiuto da Cia o Gladio, non dalle Br

Ma Sharif dice di sapere di cosa parla perché, per colpire un bersaglio in movimento, bisogna essere addestrati a “colpire almeno 10mila bersagli mobili”.

Capacità che le Br di certo non avevano. Ne consegue che, a suo parere, a compiere il rapimento di Aldo Moro furono corpi specializzati come Cia o Gladio, oppure “uomini dell'intelligence o un team di forze speciali”.

L’elogio di Moro e la condanna degli Usa

L’ex consigliere di Arafat passa poi ad analizzare la situazione politica del secondo dopoguerra. Gli Usa, dice, mentre sventolavano “la bandiera della libertà dei popoli” e “proclamavano l'indipendenza di tutti gli Stati”, contemporaneamente, attraverso il piano Marshall, creavano il nemico perfetto, ovvero l’Urss, “per poter così sottomettere l’Europa al dominio americano”. Sharif cita il recente esempio di Donald Trump, che “va nei Paesi arabi e firma contratti per 500 miliardi dollari mentre i bambini arabi sono sotto la soglia di povertà”, per metterlo a confronto con la politica di Moro che “voleva contratti equi”.

“La visione strategica per l’Italia” del politico Dc - che Abu Sharif definisce un “grande personaggio”, parlando di “grave perdita” per tutti i combattenti per la libertà - avrebbe scatenato la reazione degli Usa. “Chi lo ha ucciso - conclude la sua deposizione - ha dunque voluto uccidere la visione e l’idea di Moro”.