Navi fantasma utilizzate per trasportare il greggio dalla Libia alle raffinerie sul territorio italiano, questo è quanto emerge dalla maxi inchiesta della procura di Catania che indaga sul traffico illecito del carburante. Marco porta, amministratore delegato della MaxCom, si trova ora in stato di fermo per un suo coinvolgimento nella gestione dell’illecito. Un giro di affari di proporzioni enormi che vede protagonisti numerosi esponenti delle milizie libiche dell’Isis.

Nei mesi scorsi la Guardia di Finanza aveva il sospetto che “ le importazioni di greggio da zone sottoposte al controllo dei gruppi terroristici abbiano come punto di arrivo alcune raffinerie nel nostro paese”, la GdF aveva anche sottolineato che “ disgregare ogni possibile frode nel settore petrolifero, per contrastare al meglio i finanziamenti al terrorismo”.

Oltre all’amministratore delegato della MaxCom Marco Porta, in manette sono finiti Fahami Mousa Saleem Ben Khalifa, potente capo della milizia libica dell’Isis; Nicola Orazio Romeo, legato alla cosca mafiosa degli Ercolano; il cittadino libico Tared Dardar e due cittadini maltesi Darren e Gordon Debono, altri tre uomini di nazionalità libica sono ricercati.

Come funzionava il traffico

A quaranta chilometri da Tripoli si trova la raffineria di Zawyia, li veniva sottratto il gasolio. Una milizia libica armata guidata da Khalifa, conosciuto anche col soprannome di ‘il Malem’, scortava il carico fino alla costa, veniva poi caricato su navi pescherecci modificati al trasporto del gasolio, per poi salpare in direzione di malta. Questi ‘pescherecci’, una volta giunti al largo dell’arcipelago maltese, spostavano il prezioso carico su navi petroliere controllate da società con sede legale sull’isola di Malta, per poi partire alla volta delle coste siciliane. Riuscivano a passare inosservate perché disattivavano il dispositivo di identificazione.

Una volta arrivato in Italia, il carico illecito veniva smistato ad Augusta, Civitavecchia e Venezia nei depositi della MaxCom.

Il carburante risultava carico di zolfo e quindi utilizzabile solo per le navi, in un secondo momento veniva raffinato e reso adatto alle autovetture. In seguito veniva immesso sul mercato europeo, in particolar modo Francia, Italia e Spagna. In un anno di indagini, la Guardia di Finanza ha stimato che siano stati trasportati 80 milioni di chili di carburante, per un valore di 30 milioni di euro.