Tra i due litiganti, c'è un terzo soggetto che prova ad organizzare un tavolo di pace. Vladimir Putin indossa i panni della colomba, non gli si addicono più di tanto come non si addicono a nessun leader di una grande potenza militare, ma nella circostanza è troppo importante superare l'attuale fase di stallo per stemperare le tensioni in estremo oriente. Così la Russia si offre nel ruolo di mediatore tra Stati Uniti e Corea del Nord.

Il dialogo tra Lavrov e Tillerson

Ad onor del vero, bisogna riconoscere al Cremlino un certo talento diplomatico. Mosca, dopo aver cambiato le sorti della guerra in Siria con la forza del proprio arsenale militare, è stata tra i garanti dei colloqui di Astana tra il governo di Damasco ed i ribelli e non c'è dubbio che la mediazione russa, insieme a quella di Turchia ed Iran, abbia portato a risultati concreti. Importante in tal senso il colloquio telefonico tra il ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov, ed il suo omologo statunitense Rex Tillerson. Il capo della diplomazia del Cremlino ha rinnovato la sua offerta alla Casa Bianca di fare da tramite per aprire un tavolo di negoziati con la Corea del Nord, ma non ha perso occasione per 'bacchettare' la controparte.

Per Lavrov, infatti, Washington ha le sue precise responsabilità nell'attuale tensione a causa della sua 'retorica aggressiva' e dell'intensificazione delle minacce militari.

Un colloquio cordiale

Su una cosa però tanto Lavrov quanto Tillerson si trovano in perfetto accordo. I test missilistici e lo sviluppo dei programmi nucleari messi in atto dal leader nordrcoreano, Kim Jong-un, hanno violato le disposizioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. L'ennesima risposta di Donald Trump sono le nuove, durissime sanzioni dopo l'ultimo lancio di un missile balistico da parte di Pyongyang che, per la terza volta consecutiva, ha minacciato il Giappone. Per Lavrov però occorre giungere ad una trasizione anticipata, dalla fase delle sanzioni al tavolo dei negoziati.

Durante il colloquio telefonico sarebbero state prese in considerazione anche nuove misure per superare l'attrito tra le due grandi potenze determinato in Siria. Gli Stati Uniti hanno coordinato la decisiva operazione militare per la presa di Raqqa rivelatasi fondamentale nella guerra contro l'Isis, ma sono praticamente fuori dal tavolo dei negoziati che prenderanno il via il 29 gennaio prossimo a Sochi, in Russia, tra i rappresentanti del governo di Bashar al-Assad e l'opposizione moderata. Che Vladimir Putin stia tentando di lanciare una fune al presidente americano Donald Trump per permettere agli States di avere una qualche voce in capitolo sul futuro politico della Siria? Di fatto, se si vuole mantenere l'integrità territoriale del Paese bisogna considerare anche la fetta di territorio strappato all'Isis dalle milizie della coalizione internazionale (a maggioranza curda) a guida USA. Washington dal canto suo, potrebbe accettare di buon grado eventuali proposte dalla controparte pur di aver un ruolo attivo nella questione siriana.