In questi giorni sta facendo discutere l’iniziativa dell’università di Torino che, da un po’ di tempo, è impegnata nella realizzazione di un asilo "senza genere", che prevederebbe, cioé, l’abolizione di ogni distinzione tra bambini e bambine e la conseguente eliminazione di grembiulini rosa e azzurri, macchinine e cucine, in nome dell’educazione alle differenze.
Il progetto di "Studenti Indipendenti"
Questa la “regola educativa" pensata e voluta dagli stessi studenti di Scienze della formazione che già da 3 anni avevano sottoposto all’Università il loro #Progetto (adesso approvato) e che li vedrà impiegati come educatori, all’interno dell’asilo stesso. Come fanno sapere dalle colonne di una nota testata giornalistica, i lavori domestici tra cui l’accudimento dei figli costituirebbero un carico che grava ancora unicamente sulle donne, consumato esclusivamente tra le pareti domestiche e in forma gratuita. Tutto ciò sarebbe frutto, secondo loro, di un'educazione basata sullo stereotipo della donna vista soprattutto come "angelo del focolare", raccontano le ragazze di studenti Indipendenti che stanno realizzando il progetto, aggiungendo anche che si avvarranno della collaborazione di associazioni attive sul territorio, impegnate nella promozione del rispetto dell’altro, nella "decostruzione degli stereotipi”.
La replica delle associazioni familiari
Pronta la replica di Generazione Famiglia Italia, associazione che, come si legge sulla home del sito web di riferimento, “promuove e protegge la famiglia, come nucleo naturale e fondante della società”. A proposito dell’iniziativa, attraverso un post, condiviso sulla loro pagina Facebook, Generazione Famiglia risponde così: “I BAMBINI NON SONO CAVIE #STOPGENDER. Trattare i bambini da maschi e le bambine da femmine - visto che LO SONO - è un loro diritto. Vedrete che andrà a finire così: prima tolgono grembiule azzurro e rosa, macchinine e bambole, sulla base della ridicola scusa del contrasto agli stereotipi. Alla fine diranno ai bambini che possono scegliere la loro identità di genere.
Parola d'ordine: confusione. Vergogna!”. Ciò che l’#Associazione ha sempre sostenuto, lottando anche in altre occasioni contro l’approvazione di progetti simili, è che, in nome del rispetto delle differenze, spesso si utilizzino “regole educative” che finiscono per ignorare, non rispettandola, la prima di tutte le differenze, quella originaria tra uomo e donna, a scapito dei bambini che andrebbero in confusione rispetto alla loro stessa identità e togliendo loro, come in questo caso, anche la piccola gioia di scegliere e utilizzare i giocattoli tipici per cui stravedono maschietti e femminucce, in nome dell’”abbattimento degli stereotipi” .
I vertici dell’Ateneo stanno, invece, procedendo speditamente verso la realizzazione del progetto che hanno sposato pienamente, nonostante le difficoltà organizzative.
Infatti l’Università non potrà allestire l’asilo al suo interno, perciò si è ricorsi all’aiuto dell’assessorato all’istruzione guidato da Federica Patti.
L’idea è quella di ristrutturare il commissariato di polizia di corso Farina, in grado di ospitare una trentina di bambini che saranno guidati dagli studenti-educatori dell’Università che, seguendo il loro progetto, si impegneranno ad impartire ai piccoli un’educazione “paritaria”.