Oggi 8 marzo 2021 si celebra nuovamente la festa della donne e forse, tolta la possibilità di festeggiare a causa delle restrizioni causate dalla Covid, ci si potrà meglio interrogare se la donna oggi ha realmente vinto la sua secolare battaglia o ancora deve combattere per qualcosa che dovrebbe invece essere scontato nel 2021, ovvero la parità di genere.
Dalla politica all’arte, dallo sport alla scienza, sono migliaia le donne che ogni giorno tentano di cambiare il mondo; basti pensare alla giovane attivista Greta Thunberg o ancora all'impavida Kamala Harris che è entrata nella storia per essere diventata la prima donna vice presidente Usa.
Purtroppo, come i due lati di una stessa medaglia, per poche donne che ce l'hanno fanno, non con poca fatica, tante altre sono ancora costrette a soprusi in ambito lavorativo o sono vittime di violenze e crimini che non possono essere più considerati come crimini privati o domestici ma bensì come delle vere e proprie tragedie collettive.
L’origine della festa: la forza delle donne nella lotta di genere
Sono tante le ragazze che festeggiano la festa della donna senza conoscere la storia e l'origine della festa, riducendo questa giornata all’ennesima trovata commerciale senza più scopo e soprattutto memoria.
Un breve cenno di storia sembra allora giusto e doveroso, soprattutto nei confronti di tutte coloro che hanno combattuto (e combattono) per garantire a noi tutte un motivo per cui festeggiare e soprattutto ci hanno permesso di conquistare quei diritti che ad oggi ci rendono libere di partecipare nella società.
L’8 marzo si ricordano tutte le iniziative e le manifestazioni sociali che hanno visto le donne come protagoniste agli inizi del '900, e che sono state necessarie affinché le donne abbiano potuto ottenere l’accesso ad alcuni diritti fondamentali fino allora riservati solo agli uomini, come la parità di sesso rispetto agli uomini in campo economico, sociale e soprattutto lavorativo e la conquista di diritti basilari come quello del diritto al voto, del quale si discusse per la prima volta durante il VII Congresso della II Internazionale socialista svoltosi a Stoccarda dal 18 al 24 agosto 1907.
Dalla nascita della Conferenza internazionale delle donne socialiste, fino all’8 marzo del 1975, anno in cui le Nazioni Unite dichiararono come l'Anno Internazionale delle Donne; i movimenti femministi di tutto il mondo hanno manifestato per ricordare l'importanza dell'uguaglianza dei diritti tra uomini e donne.
Tuttavia, parlare di questo giorno come una festa non è propriamente corretto, forse sarebbe meglio parlare di una commemorazione; per molti anni l'origine dell'8 marzo si è fatta risalite a una tragedia accaduta nel 1908, che avrebbe avuto come protagoniste le operaie dell'industria tessile Cotton di New York, rimaste uccise da un incendio. L'incendio del 1908 è stato però confuso con un altro incendio nella stessa città, avvenuto nel 1911 e dove si registrarono 146 vittime, fra cui molte donne.
Le donne oggi: vittime di nuove schiavitù spesso nascoste in libertà apparenti
Sebbene la realtà di oggi ci mostri spesso l’immagine di donne importanti e influenti in settori considerati una volta esclusivamente maschili, sono tante le battaglie non ancora vinte e che spesso si consumano tragicamente all’interno delle mura domestiche.
La donna resta quindi, nonostante secoli di movimenti femministi, vittima troppo spesso di uomini padroni, di tradizioni obsolete che vogliono la donna come oggetto privo di individualità e ambizione, di una società che ancora oggi tratta la donna come un essere inferiore costretta a lavorare sempre il doppio per raggiungere gli stessi risultati dei suoi colleghi uomini; penalizzate infine, in ambito lavorativo, della colpa di aver il dono di procreare.
Donne apparentemente felici, che subiscono violenze sessuali, che sono intrappolate in relazioni malate da cui non sanno come uscirne per paura di morire; donne che ci accorgiamo sempre più spesso rappresentano una realtà non troppo lontana dalla nostra; sono nostre vicine, nostre amiche o conoscenti che vivono sotto gli occhi della nostra indifferenza.
Secondo il rapporto Eures, nei soli primi dieci mesi del 2020 le donne vittime di omicidio sono state 91, una ogni tre giorni; con un aumento dei casi fra le italiane, dal 76,8 all'84,6%.
Nell'indifferenza generale non ci accorgiamo infatti come i dati parlino di una frequenza spaventosa di femminicidi, considerati quasi come una punizione per le conquiste che le donne hanno ottenuto fino ad oggi; basti pensare che da inizio 2021 c'è stato un femminicidio ogni 5 giorni.
Victoria Osagie, Roberta Siragusa, Teodora Casasanta, Sonia Di Maggio, Piera Napoli, Luljeta Heshta, Lidia Peschechera, Clara Ceccarelli, Deborah Saltori, Rossella Placati; sono tutte donne uccise soltanto nei primi 53 giorni del 2021 e purtroppo sono numeri che andranno a crescere.
Nessuna denuncia o campanello d’allarme sembra possa aiutare una donna in difficoltà e la domanda è spontanea: si sta facendo abbastanza per prevenire queste tragedie?
La prevenzione e l’educazione al rispetto deve partire dal sociale, dalle Istituzioni, alla scuola, alla famiglia
Nel 2021 è assurdo che qualcuno giustifichi un omicidio con l’assurda esclamazione: “se l’è cercata!”, il problema è quindi da ricercare nell’ignoranza di alcuni uomini che non si sono evoluti negli anni che, dall’era preistorica, lo hanno condotto sino ad oggi.
Un’arma necessaria per provare a cambiare la direzione di questa ideologia malata, potrebbe risiedere nell'educazione che trasmettiamo ai bambini di oggi, dall’ambiente familiare alla scuola, dal catechismo allo sport, perché è proprio in questi campi di gioco che la sensibilizzazione all’uguaglianza deve insinuarsi e attecchire, perché purtroppo il più delle volte quando deve intervenire la polizia è ormai troppo tardi.
Quindi si spera che l’8 marzo sia non l’occasione per uscire con le amiche per divertirsi, ma una giornata per sensibilizzare le generazioni future al rispetto e all’uguaglianza di genere, perché la violenza sulle donne ormai deve essere considerata al pari di una pandemia il cui vaccino risiede solo nella cultura che noi oggi infondiamo ai nostri figli.