All'età di 80 anni, si è spento uno dei protagonisti più importanti e decisivi dell'arte contemporanea e di tutta l'arte del dopoguerra, ovvero Jannis kounellis; di nazionalità e origini greche, Kounellis era molto legato al nostro paese, dove venne organizzata la sua prima mostra e nel quale studiò e si trasferì per molto tempo.

Kounellis tra materiali umili e installazioni

Scultore e pittore assai prolifico, Kounellis è stato uno dei più importanti rappresentanti dell' “arte povera”, movimento riconosciuto e battezzato in tale maniera per la prima volta dal critico e storico dell'arte Germano Celant nel 1967, e che metteva insieme nomi come Fabro, Pascali, Pistoletto e Merz, tutti attratti dall'energia che i materiali semplici della quotidianità potevano assumere in ambito artistico.

L'arte povera vedeva nel proprio maestro l'artista tedesco Joseph Beuys, uno dei precursori dell'happening art e delle performance, nonché l'autore teatrale Jerzy Grotowski, che affermava che l'arte povera intendeva ridurre i segni ai minimi termini, impoverendoli e svuotandoli, per ripulire il superfluo e ricondurli agli archetipi, ovvero alle origini autentiche del significato primigenio.

Fin dagli anni 60 la fiducia di Kounellis di sfidare il mercato istituzionale dell'arte era affidata all'utilizzo di materiali poveri, ovvero legati alla cultura rurale o industriale: dalla paglia al legno, dalla carte alla carne, e l'artista che agiva su tali materiali infimi e ripudiati dall'arte tradizionale diventava un artigiano, una sorta di rappresentante ideale e simbolico delle classi proletarie. Per quanto Kounellis avesse sempre ammirato Jackson Pollock, e l'utilizzo delle materie prime ributtanti lo accomunasse all'arte informale e a Burri, la pratica di realizzazione si rivelava molto più affine al Minimalismo e al Concettualismo, anticipando la diffusione dell'installazione come pratica artistica privilegiata nella postmodernità: spesso si trattava di realizzare ambienti con prodotti usciti dalla catena di montaggio sistemati in una certa maniera, proprio come i Minimalisti (pensiamo a Richard Serra), in alcune occasioni il simbolo privilegiato diventava il fuoco, spesso nell'epoca delle grandi speranze giovanili.

La seconda fase dell'arte di Kounellis, fino a oggi

Col trascorrere degli anni, la fiducia da parte di Kounellis nella capacità dello stile e della tecnica “poveri” di opporsi alle regole del dominio capitalistico si assopisce sempre più: al fuoco si sostituisce la frammentazione, la cupezza di animali imbalsamati, e un senso di stanchezza e disgrazia pervade gran parte della sua produzione fin dagli anni Ottanta. Resta leggendaria l'opera esposta a Barcellona nel 1989, composta da due quarti di bue appesi a dei ganci su delle lastre di metallo e illuminati, in modo inquietante, con delle lanterne a olio.

Continua a lavorare, soprattutto in Italia, fino in tempi recenti, spesso nel mondo teatrale e influenzando numerose personalità; degli anni 2000 sono differenti opere situate a Firenze, Palermo e Roma (nella capitale realizza nel 2007 la Porta dell'Orto Monastico della Basilica di Santa Croce in Gerusalemme). Lascia un'eredità spirituale e culturale immensa, soprattutto quel sentimento di ribellione che passava però attraverso l'umiltà e la semplicità, nella ricerca mai definitiva di un'origine assoluta.