Oggi per la storia del calcio italiano è una giornata storica, per molti versi rivoluzionaria; la svolta epocale di quella che probabilmente è una delle nostre più longeve e caratteristiche tradizioni culturali, ovvero il calcio, avviene in occasione di un match classico del campionato di Serie A. Il derby milanese tra Inter e Milan infatti è un appuntamento caratteristico per tifosi e appassionati, ma quello di oggi è diverso da tutti gli altri, e mette in luce un mutamento che riguarda le odierne dinamiche dell’economia e della finanza globalizzata, che come è facilmente intuibile implicano anche una trasformazione di ordine sociale e culturale.
Storia e tradizione al servizio del mercato globale
Si tratta del primo derby giocato da due squadre di proprietà cinese; se l’Inter aveva ceduto la presidenza agli asiatici già da un anno, il Milan, dopo un anno affannoso di trattative, smentite e conferme, ha decretato il passaggio di proprietà in maniera definitiva appena qualche giorno fa, non a caso a ridosso della partita di oggi. Un cambiamento di paradigma che è segno dei tempi, e del quale possiamo mettere in luce alcuni punti di suggestione teorica e riflessiva non indifferenti:
- Dalla prospettiva della comprensione dell’attuale tardo-capitalismo globalizzato, l’immaginario è riuscito a permettere che tradizioni e storie culturali radicate in contesti storico-geografici specifici siano potute trasmigrare dall’altra parte del mondo, intaccando culture e sensibilità collettive lontane; tale movimento ha qualcosa del “kitsch”, fenomeno non a caso sorto assieme alla rivoluzione industriale, e che consiste nell’adozione di soluzioni espressive, estetiche, ma anche di prodotti e fenomeni sganciati dalle loro condizioni originarie (che gli offrono densità e profondità spirituali) per venire applicati in contesti nuovi. In altre parole, i tifosi cinesi del Milan e dell’Inter non potranno mai essere “tifosi italiani”, ma qualcosa di più simile agli appassionati italiani dell’NBA per esempio, o in generale l’approccio sarà simile a quello degli europei per i fenomeni esotici (l’asiatico sta alla squadra europea, come l’europeo sta allo yoga)
- La partita di oggi mette in evidenza un ulteriore passo, più legato alla dimensione economica: i cinesi non si sono limitati a trasmettere e a importare il calcio, ma hanno deciso di introdursi direttamente nel meccanismo attraverso il loro sconfinato capitale; in questo senso, la rivoluzione epocale rappresenta una terza fase: prima, nel mondo pre-moderno e pre-industriale, ogni contesto culturale aveva specificità proprie non trasmissibili al di fuori; nella seconda fase, la diffusione e la condivisione culturale ha portato a uno scambio assai produttivo di conoscenze. Oggi, la volontà è di “fare proprio” ciò che è altro: comprare le squadre italiane significa portare a un ulteriore livello l’economia globale, che non si accontenta di distribuire prodotti “esotici” (la distribuzione dei prodotti Made in Italy all’estero) ma di finanziare la realizzazione di quei stessi prodotti, esserne la condizione di esistenza. Così, la strategia dei poteri finanziari globali diventa perversa e intrigata: non investire affinché il calcio diventi una realtà affermata anche in Cina e da parte dei cinesi, ma mantenere il fascino della tradizione e della storia altrui, facendone però mezzo di guadagno impossessandosi di esse.
La Cina che gioca contro se stessa
- Probabilmente, che nelle squadre non giocheranno giocatori cinesi, che le maglie resteranno le stesse, che al San Siro si continueranno a cantare gli stessi cori, è la cosa più terribile perché rappresenta esattamente la strategia dell’attuale globalizzazione finanziario-culturale, dal momento che come sempre l’immaginario si mostra per ciò che non è. Non si tratta dei musicisti di musica classica o degli interpreti lirici, che dimostrano una competenza abissale rispetto ai colleghi europei, ma dell’azione nascosta che il mercato cinese globale sta sviluppando su più piani dando l’illusione che nulla stia cambiando veramente: il derby è l'esaltazione univoca e autocelebrativa del dominio finanziario cinese che promuove se stesso, l'agonismo è solo apparente perché le due parti si specchiano nel falso confronto tra parti, esaltando in realtà il monolitico assetto identitario globale.