Magari non piacerà quasi a nessuno, ma ormai sembra certo che la riforma previdenziale o meglio, la flessibilità in uscita che tanto è auspicata dagli italiani, se mai sarà fatta, seguirà la linea tracciata dall’APE. Quindi prestito pensionistico, intervento nel sistema delle banche e sacrifici chiesti ai pensionati che vogliono anticipare la pensione. Il meccanismo che è stato previsto per questa novità previdenziale non è ancora ben definito, perché se è vero che ci sono dei punti fermi a cui non è possibile cambiare niente, ci sono parti che è possibile limare, prima tra tutte le penalizzazioni chieste ai pensionati.

Costi, prestito e tre anni di sperimentazione

Il Governo che ha lanciato questa sua particolare idea di flessibilità, parte dal presupposto che questa sia l’unica via possibile per accontentare i lavoratori desiderosi di andare in pensione e le casse dello stato che non possono subire eccessive uscite. Sulla questione coperture quindi siamo ad un punto morto, perché l’idea di spesa dell’Esecutivo, che si aggira intorno ai 600 milioni, difficilmente potrà subire variazioni al rialzo. Evidente quindi che poche possibilità hanno le altre vie proposte da Damiano, Boeri e così via.

La flessibilità non potrà prescindere dal “low cost” per le casse statali.

Calmierare l’esborso poi, sottintende l’utilizzo del meccanismo prestito pensionistico, cioè accettare che la pensione in anticipo non venga pagata dall’Inps come sperava e continua a proporre proprio Damiano, ma da Banche ed Istituti di Credito. Anche qui, poche possibilità di inversioni di rotta perché questa è la via che sta cercando di mettere a punto il Governo, con INPS e Assicurazioni a fungere da garanzia per le banche e probabilmente, con l’onere della restituzione che graverà sui pensionati in anticipo. Ultimo punto fisso ed intoccabile della proposta di Governo è la sperimentazione, cioè la prova del funzionamento dell’APE. Infatti si partirà con il concedere l’anticipo per 3 anni a chi è nato tra il 1951 ed il 1953, in modo tale da verificare il funzionamento del meccanismo e l’appeal nei confronti dei pensionati, un po’ come successo già con opzione donna dove si attendono gli esiti del monitoraggio di settembre.

Dove si può intervenire?

Detto questo, cioè che l’unica via plausibile senza stanziare miliardi è questa, si può ragionare sulle penalizzazioni. Innanzitutto, sembra difficile da far capire alla popolazione il perché la pensione deve essere penalizzata se non la paga l’INPS. Infatti, la pensione pagata da una Banca sarà a tutti gli effetti un prestito che poi il cittadino, una volta in pensione perché avrà raggiunto l’età per la vecchiaia, dovrà restituire. Inoltre, sul meccanismo delle penalizzazioni si sta lavorando per non renderle universali, cioè uguali per tutti ma a scaglioni in base alla tipologia di lavoratore, quindi disoccupati da tempo, lavoratori vittime di aziende chiuse o fallite e lavoratori che per scelta vogliono lasciare il lavoro.

Su che sacrificio chiedere ai pensionati le idee non sono ancora ben chiare e si sta valutando anche se renderle differenti in base al reddito dei futuri pensionati. È allo studio anche la possibilità di erogare un anticipo a coloro che hanno versamenti alla cassa previdenziale complementare, in modo tale da ridurre anche della metà il prestito che riceveranno sotto forma di pensione dalle banche. Il Sottosegretario Nannicini ha dichiarato che si lavora incessantemente sul tema penalizzazioni e che non si è trovata ancora una soluzione ottimale per evitare di penalizzare troppo soggetti già in difficoltà economica. Inoltre, c’è sempre il vincolo europeo a cui non possiamo non dare la giusta importanza, perché sarà necessario l’ok di Bruxelles per questa flessibilità pensionistica.