Una volta si chiamava “Uomo Morto”, un nome che è tutto un programma. Era un dispositivo montato sulle locomotive dei treni, che obbligava il macchinista durante la guida a tenerlo premuto di continuo e a rilasciarlo ad un intervallo di tempo stabilito, per essere sicuri appunto che il guidatore fosse lì vivo e vegeto. Ebbene, pare che l'uomo morto stia tornando!

Uomo morto, un po' di storia

L'Uomo Morto versione originale era stato ideato dagli ingegneri delle ferrovie durante il periodo fascista, il che già dice qualcosa. Lo conferma il ritrovamento, negli scantinati della rivista Ancora In Marcia!, di un manuale di istruzione datato 1939. I macchinisti di allora si ribellarono a quello che veniva considerato un vero e proprio strumento di tortura, che obbligava a posture innaturali e ad azioni reiterate senza reale scopo, quindi l'apparecchiatura fu dismessa. L'Uomo Morto fu poi ripescato negli anni Sessanta, stavolta sotto forma di pedale da tenere premuto continuamente e rilasciato e premuto di nuovo ogni 55 secondi.

Anche in questo caso i macchinisti rispedirono il regalo al mittente: ci fu anche chi propose, seriamente, di dotare di pedale la scrivania dell'ingegnere che ne aveva decisa l'installazione, per fargli capire cosa si provasse ad usarlo. Il terzo atto risale invece ai primi anni del Duemila, stavolta l'apparecchiatura aveva il nome di Vigilante, forse per dargli un'aria più presentabile, ma la sostanza era la stessa.

Il Vigilante ritenuto dannoso e pericoloso

Lo strumento venne quindi sconfitto per la terza volta: i Professori Bagnara e Bergamaschi, dell'Università di Tor Vergata, in collaborazione con il sindacato ORSA, produssero un documento scientifico che dimostrava la dannosità del pedale, sia nei confronti del guidatore che era soggetto per ore a movimenti ripetitivi inutili, che riguardo alla sicurezza del treno, in quanto il dover pedalare distraeva dalla guida.

Sulla scia di questo studio i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) del settore dei macchinisti denunciarono il Vigilante presso le ASL, le quali alla fine lo prescrissero definendolo illegale. Clamoroso fu anche il caso del macchinista Dante De Angelis, che per essersi rifiutato di pedalare fu addirittura licenziato: il Giudice del Lavoro impose alle ferrovie di reintegrarlo sul posto di lavoro, valutando quindi la sua azione come un legittimo atto di autotutela.

L'Uomo Morto ritorna?

Trascorsa un'altra decina di anni da questi ultimi eventi, giungono notizie che imprese ferroviarie stiano ricominciando a montare il Vigilante sui treni, perché insomma qualcosa che controlli che il macchinista è sveglio pare che ci voglia.

Il nuovo sistema viene definito “non invasivo”, in quanto è stato implementato con i cosiddetti “punti di reiterazione”, ossia utilizzando alcuni comandi per le normali operazioni di guida il macchinista automaticamente azzera il conteggio dei 55 secondi, e quindi pedala di meno. Il parere degli RLS e di alcuni sindacati, principalmente quelli di base, è però diverso: intanto i 55 secondi in alcune apparecchiature sono ridotti a 30, quindi le pedalate in assoluto raddoppierebbero; inoltre, da prove effettuate con i mezzi già attrezzati, risulterebbe che le pedalate da fare siano ancora molte, dell'ordine di alcune decine per effettuare pochi chilometri.

Il progresso... e i viaggiatori

Riflettere su questa vicenda porta inevitabilmente ad alcune domande: ma è possibile che, dopo decine e decine di anni, siamo ancora fermi al pedale?

Possibile che se le ASL hanno detto che è illegale, invece di pensare a qualcosa d'altro si pensi solo a costruire il pedale modificato? Possibile che siano stati inventati treni superveloci, scavate gallerie in montagne altissime, attrezzati delle più nuove tecnologie disponibili mezzi e linee, e poi siamo ancora al Vigilante? Possibile che diverse case automobilistiche, ad esempio, abbiano installato strumenti che guardano negli occhi il guidatore per vedere se è sveglio, e sui treni non si possa fare niente di analogo, senza costringere chi guida a pedalare come neanche Nibali al Giro d'Italia?