Il tasso di disoccupazione giovanile in Italia continua ad attestarsi su quote record. Questo è quanto è emerso dall'ultimo rapporto Istat diramato lo scorso mese di settembre e relativo al secondo trimestre del 2015, il quale annoverava tra i disoccupati il 40,5% dei giovani italiani di età compresa tra i 15 e i 24 anni. Quel rapporto ci metteva in una posizione di coda nella classifica dei tassi occupazionali giovanili in Europa: solo Grecia, Spagna e Croazia peggio dell'Italia. Considerando che i primi due Paesi, Grecia in primis, hanno vissuto una fortissima crisi recessiva negli ultimi cinque anni e che il Paese balcanico è da poco entrato nella Comunità e quindi può essere un termine di paragone non perfettamente calzante, c'è poco di cui stare allegri.

Il Governo difende il Jobs Act

Eppure il Governo, tramite il Presidente del Consiglio Renzi o tramite il ministro del lavoro Poletti, continua a sottolineare quanto sia stata positiva, in termini occupazionali, l'entrata in vigore del Jobs Act. Stando alle autorevoli dichiarazioni che giungono ormai da mesi da Palazzo Chigi e dal Ministero del Lavoro, le politiche del Governo stanno gradualmente risolvendo il problema del precariato, soprattutto tra i giovani. Giovani che dovrebbero finalmente accorgersi come non sia più impossibile ottenere un impiego a tempo indeterminato nel Belpaese.

Senza esperienza resta solo affidarsi a Garanzia Giovani, incentivo verso chi assume e poco utile a chi viene assunto

Ma è davvero così? Navigando su portali di ricerca lavoro o siti di annunci è assai frequente imbattersi in offerte a tempo indeterminato che richiedono esperienza nel settore o nelle mansioni da svolgere che varia da un minimo di tre ad un massimo di cinque anni. Ovviamente è estremamente raro che un under 25, specialmente se neodiplomato o neolaureato, abbia maturato un'esperienza così lunga.

Ciò che resta maggiormente accessibile per la gran parte dei giovani tra i 15 ed i 24 anni è l'esorbitante quantitativo di offerte di stage retribuiti, specialmente quelli inseriti nel progetto Garanzia Giovani, promosso dai Centri territoriali per l'impiego.

Questi, prevedendo infatti un contributo piuttosto cospicuo in termini economici all'azienda o ente che assume il giovane per tre o sei mesi, finiscono col trasformarsi in una “garanzia” per chi assume, piuttosto per chi è assunto. L'obiettivo finale con cui è stato concepito, ossia quello di investire sulla formazione del capitale umano, diviene quindi un motivo di entrata economica sicura per chi assume lo stagista.

Inutile specificare come i contratti di tre o sei mesi, per giunta poco retribuiti, non possano che essere considerati una forma di precariato.

In attesa del prossimo rapporto Istat, che mostrerà eventuali nuove variazioni del tasso di disoccupazione giovanile, è doveroso sottolineare come i giovani continuino a non vedere la luce in fondo al tunnel e a pensare di alimentare la cosiddetta "fuga di cervelli" dallo Stivale.