Arriva la primavera, le rondini, l'allergia, e prontamente iniziano i dibattiti sull'Università. Selezione, numero chiuso, quanti posti ci saranno a medicina quest'anno? Open day. La dura vita del maturando inizia proprio in questo periodo. Non basta avere la tesina da scrivere, le ultime insufficienze da compensare, programmi da finire. Si avvicina l'arduo momento di scegliere l'università.
I più "fortunati" hanno ancora qualche mese dalla loro parte. Molte facoltà aprono le iscrizioni ai test d'ingresso in estate, quindi il tempo per crogiolarsi nel dubbio è ancora lungo. Le università private invece iniziano la loro selezione in questo periodo dell'anno.
Non conta quanto tempo si ha a disposizione, la domanda è sempre la stessa:
Qual è l'Università giusta per me?
Per chi ha le idee confuse ci sono gli Open Day nelle università, ma anche le stesse scuole spesso organizzano dei mini eventi con studenti universitari che raccontano le diverse facoltà dall'interno. In fondo, chi meglio di un universitario ti può davvero spiegare cosa vuol dire frequentare quel corso?
Certo, spesso si corre il rischio di incappare nel catastrofista che ti racconta quanto impossibile sia quello che sta studiando, quanto difficile sia stato entrare e quanto, tornando indietro, non farebbe la stessa scelta.
Ecco, diciamo che di queste persone possiamo diffidare per due motivi:
- E se il problema non fosse la facoltà ma fossero loro?
- Ma soprattutto, l'università è dinamica, è una scelta e in quanto tale lascia allo studente la libertà di muoversi nel calderone con sufficiente libertà. Non ti piace ciò che studi? Rinuncia, chiedi un passaggio di corso, se sei fortunato ti convalidano anche qualche esame. Insomma, se non ti piace ciò che fai perché non cambi?
Superando il trauma da catastrofismo dell'universitario depresso di turno, di solito chi partecipa agli open day o agli incontri di orientamento viene trascinato in un vortice di informazioni da cui, probabilmente, uscirà più confuso di prima.
Chiariamo quindi una cosa che spesso non viene detta ma che tutti (o quasi) abbiamo avuto modo di appurare una volta entrati in questo mondo fatato: Nessuna facoltà ti dà la certezza di lavorare terminata l'università.
Ora, sicuramente ci sono facoltà che offrono statisticamente un futuro più roseo di altre. Per sapere quali basta consultare il sito Almalaurea e appurare quale sia la percentuale di studenti che lavorano nel loro ambito di studio e a quanto tempo dalla laurea.
Molte di queste facoltà presentano un numero chiuso estremamente selettivo. Di conseguenza la domanda sorge spontanea: siamo così convinti che il numero chiuso sia motivo di limitazione al diritto allo studio?
Lasciare che un gran numero di ragazzi si prodighi nello studio di una professione che, con buone probabilità, faticherà a svolgere, quanto può essere la tutela di un diritto?
Il mercato del lavoro pone delle leggi che non possono che essere rispettate se vogliamo che ci sia un numero di entrate sostenibili.
Far laureare in Psicologia ogni anno 400 persone a Torino non è una tutela allo studente, perché, numeri alla mano, di questi 400 quanti saranno assorbiti dal mondo del lavoro in tempi brevi? Ogni anno, sempre a Torino, si laureano circa 15 ortottici. Questi 15 ortottici avranno buone probabilità, nei tre anni dalla laurea, di trovare un lavoro stabile.
La regolamentazione non può prescindere da queste considerazioni, sempre che non si vogliano promuovere disoccupazione e NEET.
Se il mondo del lavoro ci dà indicazioni abbastanza scoraggianti, tocca a noi scegliere in modo coscienzioso.
Bisogna essere consapevoli delle opportunità che ogni percorso ci offre, in modo da poter anche scegliere di rischiare.
Io ho scelto di rischiare, perché ho scelto di seguire la passione alla ratio del mondo del lavoro. Non posso però fare a meno di chiedermi se non si possa fare qualcosa per non rendere l'Università uno dei tanti mezzi di disoccupazione.