Ha legato il suo nome in maniera indissolubile alla Juventus Umberto Caligaris, 'Caliga' o 'Berto', come lo chiamavano i compagni di squadra. Prese parte appieno all'epopea juventina degli anni trenta vincendo consecutivamente cinque scudetti con la maglia bianconera dal 1931 al 1935. Umberto Caligaris fece anche parte della spedizione di Vittorio Pozzo ai campionato del mondo del 1934.

In nazionale totalizzò in tutto 59 presenze. Suo unico rimpianto quello di non essere riuscito a scendere in campo per la sessantesima volta in maglia azzurra. 

'Caliga': storia di un eroe bianconero

"Caligaris rifiuta gli schemi, non perché sia un anarchico ma semplicemente perché non li concepisce, il calcio per lui è un gioco tanto entusiasmante quanto semplice che si gioca con la palla. Compito fondamentale è quello di sradicare più palloni possibili dai piedi degli avversari, insomma lottare, correre e poi ancora lottare". E'  l'analisi più sincera che descrive in maniera perfetta quello che fu Umberto Caligaris.

Nato a Casale Monferrato il 26 giugno del 1901 'Caliga' era un trascinatore puro che entrava a valanga sugli avversari sradicandogli il pallone dai piedi. Mosse i suoi primi passi nelle giovanili del Casale nel quale esordì in prima squadra, nella massima divisione del calcio italiano, all'età di soli 18 anni. Terzino arcigno che mal digeriva gli schemi passò alla Juventus nel 1928 convinto da Edoardo Agnelli. Con Virginio Rosetta formò la più forte coppia di terzini degli anni '30. Una difesa insuperabile che schierava tra i pali un altro eroe bianconero Giampiero Combi. I tre giocatori, amici per la pelle, furono il perno della Juventus del Quinquennio d'Oro quella che si aggiudicò consecutivamente cinque titoli nazionali dal 1931 al 1935 e linea difensiva insuperabile pure della nazionale azzurra.

Combi, Rosetta e Caligaris sono considerati tutt'ora la 'migliore linea difensiva di tutti i tempi espressa nel calcio italiano e una delle migliori nella storia della disciplina'.  Con la maglia azzurra Caligaris collezionò 59 presenze e fece parte della spedizione mondiale guidata da mister Vittorio Pozzo del 1934 che vide l'Italia laurearsi campione del mondo. 

Morì sul campo così come aveva vissuto

La sua ultima partita in maglia bianconera la giocò nel maggio del 1935. Poi appese le scarpe al chiodo dedicandosi al mestiere di allenatore. E proprio a Brescia lo colpì una malattia debilitante: si salvò solo grazie alla sua forte fibra. Il medico gli sconsiglio qualsiasi sforzo fisico e le forti emozioni.

Ma lui non volle mancare quel 19 ottobre del 1940 alla partita amichevole che vedeva protagonisti le vecchie glorie juventine tra le quali gli inseparabili amici Combi e Rosetta. Furono proprio loro a sconsigliargli di ritornare in campo viste le sue condizioni di salute. Ma Umberto  Caligaris non sentì ragione, non volle perdere l'occasione di giocare per l'ultima volta al fianco degli amici di sempre e rivivere le intense emozioni della Juventus dei cinque scudetti consecutivi. Si accasciò al suolo dieci minuti dopo l'inizio della partita, mentre rincorreva un pallone. Erano le 17,15 di sabato 19 ottobre, 'Caliga' morirà in ospedale 45 minuti dopo, alle 18 meno due minuti, a causa di un aneurisma.

"Un Gladiatore - scrisse  su 'La Stampa' mister Vittorio Pozzo in un commosso ricordo - Addio caro collega, compagno di tante lotte in difesa del nome d'Italia, atleta dal cuore grande e dai mezzi eccezionali. Nessuno di coloro che hanno diviso con te le fatiche dello sport o che alle tue prodezze hanno assistito ti dimenticherà, ne puoi star certo".  A 39 anni, quel pomeriggio del 19 ottobre 1940, Umberto Caligaris chiudeva la sua intensa giornata e la sua breve vita fatta di tante emozioni calcistiche. Fu posto nella bara con indosso la maglia della Juventus, la squadra che aveva contribuito a fare grande. Accanto c'era quella della nazionale azzurra.