La crisi dei migranti cubani - letteralmente accampati nei vari Paesi dell'America centrale - è giunta a una svolta? Lo scopriremo a gennaio, tuttavia nelle scorse ore è stato raggiunto un importante accordo tra il Messico e le Nazioni del Sica (Sistema de la integración centroamericana): l'organizzazione internazionale composta da Belize, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Panama e Repubblica dominicana.
La Costarica (Paese fondatore) - va ricordato - ha sospeso la propria adesione al Sica il 18 dicembre, adducendo il rifiuto dei partner di affrontare con decisione la crisi. In base all'accordo, gli ottomila cubani in Costarica - cui si aggiungono i settecento ospitati a Panama - saranno trasportati con un ponte aereo in El Salvador, nella prima settimana del 2016.
Dal Paese centramericano, sarebbero poi condotti in bus sino in Messico, via Guatemala. Al patto - definitosi in Guatemala - ha aderito anche l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), riporta la British broadcasting corporation.
Un passo indietro
Tra le cause della crisi, vi è la decisione del Nicaragua - risalente a metà novembre - di non concedere più visti di transito ai cubani provenienti dalla Costarica. Questi ultimi sono sbarcati per via aerea (soprattutto in Ecuador e muniti di visto turistico): l'obiettivo era raggiungere gli Stati uniti, attraversando via terra le frontiere della Colombia, dei Paesi centramericani e del Messico. Si tratta di una rotta massacrante, specie per le truffe dei coyote, veri o presunti: una via alternativa rispetto a quella dei balsero. I quali mettono a rischio la vita, nelle precarie imbarcazioni che attraversano lo Stretto della Florida. Pur di andarsene da un Paese che - nonostante le recenti aperture - è ancora impantanato nelle secche di una crisi decennale.
Una rotta ardua
Tra l'altro si tratta di un cammino sempre più arduo, dopo che il 18 dicembre il Governo della Costarica ha deciso di non concedere più, ai cubani, il visto di transito, (cosicché i 56 entrati dopo tale data, saranno espulsi dal Paese). E soprattutto dopo che, dal primo dicembre, il Governo di Quito ha imposto la procedura del visto turistico - agli stessi cittadini caraibici - per entrare in Ecuador.
Ley de Ajuste cubano
Alla base della nuova ondata migratoria c'è la Ley de Ajuste cubano del 1966, in combinato disposto con la politica dei «Pies secos, pies mojados», risalente agli Accordi migratori del 1994. In sostanza, una volta entrati negli Stati uniti, i cittadini di Cuba ottengono subito la residenza legale, e un anno dopo la cittadinanza.
Beninteso, ciò avviene solo qualora raggiungano il territorio a stelle e strisce: i naufraghi intercettati in mare sono semplicemente rimpatriati. O allocati in un Paese terzo, se dimostrano di essere perseguitati politici. E i cubani cercherebbero di sfruttare i "benefici" di questa legge proprio adesso, temendo che con il disgelo tra Washington e L'Avana, essa possa essere revocata.
Si tratta di una normativa - evidente retaggio della Guerra fredda - giudicata «genocida» dal governo castrista, poiché incoraggia i cubani a giocarsi la vita, nel tentativo di raggiungere gli Stati uniti. Un giudizio condiviso dal Governo del Nicaragua; secondo cui, concedere il transito ai cubani, significherebbe legittimare «politiche illegali». Lo stesso Papa Francesco ha chiamato i centramericani a mostrare generosità nella gestione della crisi, e a trovare una soluzione a questo traffico di persone.