Il bollo auto è una tassa annuale, che viene versata in quanto si è appunto possessori di un'automobile, alla regione di residenza, e può essere pagato fino all'ultimo giorno del mese successivo alla sua scadenza. La prescrizione del bollo avviene in tre anni, che vanno calcolati dal 1^ gennaio dell'anno successivo a quello della scadenza di pagamento. Su questa prescrizione è intervenuta di recente una sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Caltanissetta, la n.

369/03/16 che ha statuito, occupandosi della notifica di una cartella di Equitalia per bollo auto, che essa deve essere notificata al contribuente, entro il 31 dicembre del 3° anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, a pena di decadenza.

È preferibile quindi conservare le ricevute di pagamento del bollo fino a quando il diritto alla riscossione non si sia prescritto. Affinchè quindi intervenga la prescrizione e il contribuente possa liberarsi dall’obbligo di pagare tale tributo è necessario che in tale frangente di tempo egli non riceva atti interruttivi della prescrizione.

Tali atti sono infatti capaci di interrompere la prescrizione e farla ripartire da capo (notifica di una cartella di pagamento o  sollecito di pagamento)

Come comportarsi nel caso di prescrizione del bollo auto?

Posto che la richiesta di pagamento degli arretrati deve essere inviata tramite raccomandata A/R., qualora si abbia la certezza che siano decorsi i 3 anni dal mancato pagamento del bollo o peggio ancora qualora lo stesso sia stato già versato regolarmente, la legge a favore del contribuente prevede una serie di strumenti ad hoc. Per contestare l’illegittima pretesa dell’amministrazione finanziaria sono esperibili 2 rimedi. Innanzitutto quello di fare ricorso in Commissione Tributaria entro i termini di impugnazione della pretesa di pagamento. Una 2^ possibilità offerta al contribuente è quella di presentare istanza di autotutela in via preventiva per chiedere l’annullamento della richiesta di pagamento o lo sgravio della cartella.

Il ricorso in autotutela può esser presentato con PEC o raccomandata A/R ed è esente dal pagamento dell’imposta di bollo. La presentazione dell’istanza non sospende mai il termine per impugnare l’atto di accertamento. È bene precisare che si può presentare l’istanza anche in presenza di un atto non impugnabile (sollecito o avviso bonario) o di una sentenza divenuta definitiva. Allo stesso modo è possibile l’autotutela anche se sugli atti di accertamento non può più essere presentata l’impugnazione per intervenuta decadenza dei termini previsti dalla legge.

Effetti dopo la presentazione dell’istanza in autotutela

L’amministrazione dopo che ha ricevuto l'istanza di autotutela può ritornare sulle sue decisioni addirittura annullando le richieste di pagamento sotto forma di atto di accertamento.

Inoltre in caso di accoglimento dell’istanza, l’amministrazione deve restituire al contribuente le somme che ha eventualmente indebitamente riscosso. Qualora invece venga rigettata la richiesta avanzata dal contribuente, quindi nel caso di diniego, egli può  sempre proporre ricorso dinanzi al giudice tributario attivando la fase di mediazione (per tutte le controversie di valore non superiore a 20mila euro). Se invece l’amministrazione interessata non risponde al ricorso in autotutela, la richiesta dopo il decorso di un certo periodo di tempo, si deve considerare rigettata. Ed anche qui si può fare ricorso facendo valere motivi diversi da quelli prospettati con l’istanza. Stesso discorso vale nel caso in cui si voglia presentare l’istanza di autotutela dopo che è stato presentato ricorso e dopo che il giudizio si è concluso con la sentenza passata in giudicato emessa dal giudice e favorevole all’Amministrazione finanziaria. Per altre info sul tema potete premere il tasto segui accanto al mio nome.