Domenica 8 maggio, nel carcere delle Navate a Piacenza è scoppiata una rivolta da parte dei detenuti che ha portato a danni stimabili intorno ai 20 mila euro. Inoltre, secondo quanto riportato dalla stampa e originariamente riportato dai sindacati di polizia, i detenuti in rivolta avrebbero inneggiato ai miliziani del sedicente "Stato Islamico" e alla jihad da essi combattuta contro i popoli occidentali e tutti gli altri individui ritenuti "infedeli".

Secondo quanto riporta un articolo del "Fatto Quotidiano", la protesta sarebbe incominciata da due detenuti di origine magrebina che hanno iniziato a saccheggiare "la sezione della casa circondariale delle Navate rompendo telecamere e suppellettili".

La smentita della Direzione della casa circondariale

In seguito alla diffusione delle notizie inerenti ai presunti inni e/o slogan pro-Isis fatti dai detenuti protagonisti della rivolta, la Direzione della casa circondariale di Piacenza ha smentito in una nota che ciò sarebbe successo. Secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa "ANSA", la Direzione ha fatto sapere che si sono verificati gravi disordini in una sezione ordinaria di media sicurezza e che non si sono avuti feriti né tra i detenuti e né tra il personale.

Inoltre, la Direzione ha specificato che i disordini hanno avuto inizio dalle lamentele di tre detenuti che hanno cercato di fomentare gli animi dei loro "colleghi", non riuscendo comunque a coinvolgere la maggioranza dei detenuti della struttura piacentina.

La diffusione dell'estremismo islamista in Italia e negli altri paesi europei

Vera o no la notizia dei presunti slogan pro-Isis dei detenuti di Piacenza, si sente il bisogno di non abbassare la guardia sui rischi di radicalizzazione islamista nelle carceri, così come in altri luoghi. Da diverso tempo a questa parte, l'estremismo islamista sta cercando di penetrare nei paesi europei al fine di "distruggerli dall'interno" e a quanto pare l'ISIS dispone di numerose "cellule dormienti" pronte a colpire in Italia e negli altri paesi, almeno stando a quanto affermato dal direttore della "National Intelligence" statunitense James Clapper.