Si sa, la scuola è il luogo nel quale si apprendono in primo luogo le principali nozioni di cultura generale, ma dovrebbe anche essere utile ad imparare tante lezioni di vita, ed è per questo che l'ideale sarebbe la creazione di un ambiente inclusivo, nel quale i bambini possano confrontarsi tra loro, entrando in contatto con tante realtà diverse da quella di origine. Purtroppo, però, ci sono casi in cui tale possibilità viene ostacolata, causando l'indignazione dei genitori che hanno figli con disabilità.
Qualche giorno fa, nella sua rubrica 'Invece Concita', la nota editorialista toscana di Repubblica Concita De Gregorio ha dato spazio alla lettera ricevuta dalla signora Barbara. La donna ha raccontato di risiedere in un piccolo paese del nord-est dell'Italia, costituito da circa 8000 abitanti, e ha spiegato che qui la nuova dirigente scolastica della scuola elementare ha formato tre classi del primo anno: mentre due sono quelle cosiddette 'normali' e sono costituite da allievi che frequentano regolarmente la mattina, la terza ha solo 'dodici bambini con varie difficoltà da affrontare', che hanno le lezioni nel pomeriggio e che quindi nelle ore precedenti restano a casa.
Alunni discriminati e chiusi in una scatola
La signora ha paragonato questa situazione a quella raccontata nell'ultima fatica cinematografica del regista torinese Guido Chiesa. Nel film, che si intitola 'Classe Z', un preside raggruppa in una sola classe di quinta liceo gli studenti problematici, con l'idea che nessuno di loro supererà l'esame di maturità. E se già una situazione del genere appare discriminatoria, per Barbara rendere vittime di una manovra di questo tipo dei bambini di 6 anni risulta una scelta ancora peggiore. La decisione, che ha ricevuto il benestare del dirigente dell'Ufficio Scolastico Territoriale, peraltro non rispetta né la legge sul tempo pieno, che dovrebbe coprire 40 ore settimanali, né quello che sarebbe il piano per l'offerta formativa stabilito, secondo il quale viene sancito l'obiettivo del successo formativo di tutti gli alunni, con la valorizzazione dei loro punti di forza e l'attenzione ai bisogni educativi di ognuno.
Secondo Barbara, non cercare un'alternativa a quella di una classe separata significa mancare di rispetto ai bambini, che di fatto sono stati messi in una 'scatola chiusa'.
La sua lettera riuscirà in qualche modo a smuovere le acque?