L'espressione massacri delle foibe indica gli eccidi ai danni della popolazione italiana della Venezia Giulia e della Dalmazia, avvenuti durante la seconda guerra mondiale e nell'immediato secondo dopoguerra, ad opera dei Comitati popolari di liberazione jugoslavi. Il nome deriva dai grandi inghiottitoi carsici dove furono gettati molti dei corpi delle vittime, che nella Venezia Giulia sono chiamati, appunto, "foibe".
La "Giornata del ricordo" è una solennità civile nazionale che si celebra il 10 febbraio di ogni anno proprio per ricordare quanto successo.
L'inedita testimonianza
I partigiani titini erano soliti trasportare i nemici italiani con un furgone sequestrato alla polizia italiana, per farli a pezzi per poi disfarsi dei resti in una saponificio nelle vicinanze. Queste barbarie accaddero a Sussak, vicino Fiume, appena dopo l'armistizio annunciato l'8 settembre del '43. Questa testimonianza si trova in possesso del quotidiano Il Giornale ma non fu mai rivelata fino ad oggi, la mattanza dei partigiani jugoslavi si protrasse per diversi giorni, sia in Istria che in Venezia Giulia.
La fonte di questa testimonianza vuole rimanere anonima, nonostante siano passati 75 anni da quegli eventi ancora prova timore nello svelarsi; il signore in questione all'epoca svolgeva il servizio militare proprio a Sussak, aveva 20 anni, e ha raccontato tutta l'atrocità che i suoi occhi hanno visto e che le sono state raccontate. "Eravamo concentrati a Pola, nel campo sportivo militare, quando mi sentii chiamare dal carabiniere Moscatello in stato di agitazione...a Sussak si era insidiato il II corpo d'armata Slovenia-Dalmazia. Dopo l'8 Settembre c'era uno sbando totale, molti soldati italiani rimasero al loro posto ma ricordo che dietro la scrivania del colonnello improvvisamente mi ritrovai seduto il capo dei partigiani" racconta il testimone, da lì a pochi mesi i partigiani titini dichiararono l'annessione dell'Istria alla Jugoslavia cominciando così la persecuzione degli italiani.
Italiani fatti diventare saponette
Maestri, agenti di sicurezza, funzionari pubblici italiani venivano prelevati e uccisi. Non solo militari e civili italiani ma anche croati poco allineanti con Tito. Il testimone ha raccontato che il carabiniere Venanzio Moscatello, suo confidente, gli rivelò che introducendosi di nascosto in una cartiera vide i partigiani di Tito fare a pezzi gli italiani e i resti messi in cassette di legno per essere portati al saponificio vicino, così facendo sparire per sempre le prove dell'Eccidio facendoli diventare sapone.