Continua spedita l'inchiesta della Procura di Torino sull'omicidio del giovane Stefano Leo, il 34enne di origini leccesi che il 23 febbraio scorso è stato ucciso senza un apparente motivo sul Lungo Po, mentre si stava recando al lavoro in un negozio di abbigliamento situato al centro del capoluogo piemontese. L'autore del delitto, ormai sarebbe confermato, è Said Mechaquat, reo confesso, un 27enne di origini marocchine e di nazionalità italiana.

Al sesto piano del Palazzo di giustizia di Torino gli inquirenti continuano a lavorare alacremente per dare una risposta al movente del delitto che, secondo quanto dichiarato dal killer, non ci sarebbe perché "ho scelto di uccidere un ragazzo come me", ha detto agli investigatori l'imputato. Dalla Procura fanno sapere che anche la circostanza che abbia scelto di ammazzare Stefano "perché era felice", sempre secondo quanto dichiarato dal presunto omicida, non risulta del tutto convincente. Inoltre, secondo quanto riferito dall'avvocato difensore di Said, la dinamica dell'aggressione non sarebbe compatibile con quella ipotizzata dagli inquirenti, in quanto Said non è mancino ed egli stesso dice di aver colpito Leo con la mano sinistra.

Un racconto verificato

Quello di Said Mechaquat è un racconto che gli stessi inquirenti hanno dichiarato attendibile fin da subito. Infatti sono moltissimi i particolari che ha riferito e alcuni di questi erano a conoscenza solo degli investigatori, che stavano cercando di capire in quale modo, e da chi soprattutto, fosse stato ucciso il 34enne. Lo stesso Mechaquat ha poi indicato dove aveva nascosto il coltello, ovvero l'arma del delitto, con la quale Leo è stato colpito a morte: l'oggetto si trovava in una cabina dell'Enel, a svariati chilometri di distanza dal luogo del fatto di cronaca. Il killer ha poi confessato di aver aspettato sulla panchina per diverso tempo, fino a quando non ha visto passare Stefano.

A questo punto lo ha seguito, lo ha sorpreso alle spalle e gli ha inferto la coltellata a alla gola, per poi darsi alla fuga nelle strade circostanti. I Carabinieri hanno analizzato attentamente i filmati delle telecamere della zona, ed è stata notata una sagoma che è proprio compatibile con quella di Said. Inoltre, poco dopo l'autore del misfatto avrebbe preso un tram, come riferisce Il Corriere della Sera.

La famiglia di Stefano è distrutta

Quella del giovane 34enne è una famiglia che sta vivendo un momento davvero non facile. I famigliari, che vivono a Biella, sono distrutti dal dolore, soprattutto dopo che hanno sentito la macabra confessione dell'aguzzino del loro congiunto. Il padre di Stefano, Maurizio, chiede giustizia.

Secondo quanto riporta l'agenzia di stampa Ansa, una perizia psichiatrica su Said, unita ad una dichiarazione di seminfermità mentale, potrebbe portare ad uno sconto di parecchi anni di carcere. Ogni parola dell'imputato viene comunque vagliata con attenzione dal procuratore vicario Paolo Borgna e dai pm Enzo Bucarelli e Ciro Santoriello.