Grande successo ieri sera per la rappresentazione dell'opera comica in un atto Rita, ou le mari battu di Gaetano Donizetti su libretto del drammaturgo francese Gustave Vaez, in traduzione italiana. Allievi della classe di Arte Scenica del Conservatorio Santa Cecilia di Roma hanno messo in scena l'opera, vero e proprio gioiello nascosto del catalogo del compositore di Bergamo.

L'essenzialità della scenografia e i pochi personaggi - Martina Paciotti nel ruolo di Rita, la moglie ostessa a sua insaputa divisa tra un primo marito manesco creduto morto in naufragio e il secondo debole vittima e tontolone, interpretati magnificamente da Kristian Roche e da Christian Collia, e lo scoppiettante Ali Ghassemieh nel ruolo del garzone Bortolo - hanno messo in luce tutte le sfumature musicali e sceniche di un piccolo capolavoro che le grandi opere di repertorio hanno finora condannato a un oblio da cui ci auguriamo una meritoria uscita.

Applausi ai quattro interpreti i quali, coordinati dalla sapiente regia del M° Loredana Martinez e accompagnati al pianoforte dal M° Andrea Bosso, si sono affermati quali veicoli giovanissimi ma promettenti di un'arte che è il fiore all'occhiello della cultura made in Italy.

Una menzione anche agli accuratissimi costumi di scena, curati dalla romana Sartoria Bi.mi.

La seconda parte dello spettacolo ha visto esprimersi vari talenti canori, allievi delle Classi di Canto dello stesso Conservatorio, guidate dai Maestri Maria Francavilla e Annamaria Ferrante, accompagnati al pianoforte dalle docenti Ida Iannuzzi e Patrizia Gallo: sotto il cielo stellato e nella cornice magnifica immersa in una natura dove il tempo si ferma, le note meravigliose e struggenti delle più celebri arie del repertorio operistico hanno raggiunto un pubblico entusiasta, che annoverava in prima fila, tra le varie personalità intervenute, anche il Direttore del Conservatorio M° Alfredo Santoloci.

Si ringrazia il mecenate Massimo Palmoni per aver messo a disposizione del giovani musicisti il parco: dimostrazione concreta che al 'bello', in tutte le sue forme culturali e artistiche, basta poco per esprimersi, al di là della miopia e della scarsa lungimiranza di governi e di farraginose quanto spesso inutili macchine burocratiche e logiche di mercato. Sotto il segno del bello, dunque, non resta che augurarci un proficuo prosieguo di questa splendida e illuminata iniziativa.