Un film documentato e legato ai luoghi, quello diretto dal regista napoletano Mario Martone e dedicato alla straordinaria figurata di Giacomo Leopardi. Elio Germano, che interpreta il poeta e filosofo di Recanati, ha dormito nel letto che fu di Giacomo e s'è immerso nei testi del grande letterato interiorizzando il punto di vista non di chi deve recitare qualcosa scritto da altri, ma di chi deve dar vita a qualcosa scritto proprio da lui.

Il processo mimetico è stato totale e totalizzante: Germano ha, per sua stessa ammissione, cercato il più possibile di accordare la sua sensibilità a quella che fu la sensibilità leopardiana, riducendo al minimo lo scarto tra personaggio e figura reale, tra icona e creatura viva.

Il grande merito di questo film, in concorso a Venezia lo scorso settembre, ma rimasto amaramente senza premi, è quello di ribaltare uno stereotipo contrito e profondamente superato che vede in Giacomo Leopardi un cantore di solitudine e depressione, emarginato dalla vita e rinchiuso nella sua personalissima bolla, occupato a leccarsi le ferite inferte da un destino infelice di malattia ed esclusione sociale.

Non fu proprio così e la nuova luce gettata sul poeta lo investe di un alone ribelle, di un'energia nuova, restituendo ad una figura complessa l'unica verità certa, quella di un uomo alla disperata ricerca della libertà, determinato a superare ogni limite imposto dalla società e da un sapere inteso come assiomatico, un uomo dotato di un'intelligenza mobile, ricettiva e aperta, profondamente imbevuta di tradizione classica, ma nondimeno intensamente protesa verso il futuro.

«Tutto quello che scrive Leopardi è autobiografico. È un poeta che parla a chiunque senta l'urgenza di rompere le gabbie che dall'adolescenza in avanti tutti noi percepiamo intorno: la famiglia, la scuola, la politica, la società, la cultura.

Le mediazioni, le ipocrisie con cui siamo costretti a fare i conti lui non le tollerava e finiva per rompere queste gabbie una ad una rendendosi la vita, inevitabilmente molto scomoda. Leopardi parla a chiunque sia giovane, non solo anagraficamente, proprio per la spinta verso la libertà che lo caratterizzava», ha dichiarato il regista, che ha creduto e crede moltissimo in questo film, girato in parte in quella Recanati che a Leopardi diede i natali e con cui il poeta ebbe un rapporto conflittuale, d'oppressione e insofferenza quando vi viveva e di struggente nostalgia quando ne era lontano. E proprio nella città marchigiana in questi giorni molte sono le iniziative che celebrano l'uscita del film, che sarà nelle sale italiane dal prossimo giovedì 16 ottobre.