James Joyce, un nome una garanzia per la letteratura moderna, uno scrittore nomade con l'amore per l'Arte e la cultura. Il 13 gennaio è stato il 75 esimo anniversario della sua morte avvenuta a Zurigo nel 1941 dopo una vita vissuta di stenti e mancanze, tra alcol e Libri, fra arte e miseria. James nasce a Dublino il 2 febbraio 1882 da una famiglia prettamente cattolica, continuamente sull'orlo del baratro a causa del padre alcolizzato.
Appesa ad un filo, la numerosa famiglia Joyce (lo scrittore è il primo di 10 figli) non rinunciò a far frequentare a James le migliori scuole di Dublino: i primi anni di scuola, passati in un college gesuita, furono una svolta lungimirante per la sua fede cattolica, che perderà facilmente grazie al suo avvicinamento alla cultura ed alla sua passione per la scrittura e l'arte.
A soli 16 anni, iniziò il suo percorso verso uno dei migliori college del posto, mostrandosi dotato e portato per lo studio delle lingue, dove risulterà impeccabile. Il 1903 è un anno molto difficile per Joyce: continue mancanza di denaro, abusi alcolici e un lutto che lo colpisce molto da vicino, la morte della madre ormai malata terminale, nell'agosto dello stesso anno.
Durante quell'estate si innamorò di una ragazza, Nora Barnacle, la quale si lasciò convincere dallo scrittore a trasferirsi all'estero. Nel 1904 scrisse una "bozza" del suo romanzo autobiografico intitolato Stepahn Hero che qualche anno più tardi verrà intitolato definitivamente Dedalus, ritratto dell'artista da giovane.
La coppia si trasferisce prima a Pola per alcuni mesi e successivamente a Trieste, dove James riuscì a trovare un impiego come insegnante d'inglese presso la Berlitz. Nonostante la nuova vita costruita a Trieste, Joyce non riuscì a gestire il suo denaro, costringendolo ad indebitarsi per poter mantenere anche il suo primo figlio Giorgio. Col passare del tempo la situazione economica si aggravò sempre di più con l'imminente conseguenza del forte aumento di dose alcolica.
Tra un ricovero urgente per reumatismo articolare acuto e la perdita del suo impiego alla Berlitz, nel 1907 James ricevette in dono una seconda figlia di nome Lucia che purtroppo crescendo iniziò a soffrire di schizofrenia: inutili furono i molteplici tentativi di cura nei vari centri parigini e svizzeri, Joyce sprofondò irrimediabilmente nell'alcol.
Poco dopo lo scoppio della seconda Guerra Mondiale, James Joyce rientra in Svizzera nel 1940 dove, indebolito, morirà il 13 gennaio 1941, dopo aver superato una vita di geniale travestita da reietta.
Ma le opere di James Joyce?
Tutto sembra remare contro il povero Joyce che con le sue opere non riuscì quasi a sopravvivere: nel 1905 terminò una raccolta di novelle Gente di Dublino che tentò di far pubblicare nel 1912 con scarso successo, nel 1907 si trova in libreria il suo primo libro Musica da camera.
La svolta arrivò nel 1914: a Londra Ezra Pound pubblicò le novelle e soprattutto Dedalus, ritratto di un giovane artista, in una rivista londinese.
L'opera più importante di James Joyce è l'Ulisse che inizialmente fu pubblicato su di una rivista americana, Little Review, dove riscosse un discreto successo: l'ultimo capitolo intitolato Nausicaa fece interrompere l'uscita a causa del suo contenuto osceno che verrà pubblicato solo in seguito ad un processo del 1921 a New York. Nel 1939, poco prima della sua morte, pubblicò il suo ultimo libro intitolato Finnegans Wake (le veglie di Finnegans) che inizialmente intitolò Work in Progress (lavori in corso).
James Joyce non fu mai apprezzato per il suo talento, solo in pochi costatarono che sotto quelle vesti da alcolista incallito, si nascondeva un potenziale scrittore di successo. A Trieste troviamo una sua statua a grandezza naturale dedicata al suo contributo letterario e soprattutto alla sua permanenza nella città friulana.
Per Joyce fu una vita amara, costellata di fallimenti e incomprensioni ed è reale quel che diceva John Lennon: "Tutti ti amano quando sei due metri sotto terra".