Dopo il recente articolo pubblicato su Repubblica.it che rende noto come siano ben 120 mila le pratiche aperte nel 2017 per le controversie tra utenti e operatori telefonici gestite dai Corecom-Agcom, per tutti i consumatori arriva una buona notizia: il recesso dal contratto telefonico non deve mai comportare costi. Dunque risulta illegittimo anche l’addebito sui "costi di cessazione del servizio", proprio perché si tratterebbe di un costo per il recesso, in netto contrasto con quanto dice la legge.
Tale importante statuizione (del 10 marzo 2018) è stata emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Ricordiamo, infatti ,che fra le principali cause di contenzioso fra compagnie telefoniche e utenti oltre all’errata fatturazione nei casi di interruzione o all’attivazione di prodotti e servizi non richiesti, ci sono anche le spese di recesso.
Contenzioso per disservizi telefonici: ecco un caso importante
Nel caso concreto sottoposto all’attenzione dei giudici campani un utente aveva chiesto alla wind, dopo il recesso dal contratto, l'emissione di € 65,00, quale somma addebitata a fronte della disattivazione della propria utenza telefonica.
La Wind si è difesa dicendo che la somma di 65 euro non costituiva un costo del recesso dal contratto, bensì il costo forfettario, non determinabile, ma necessario alla disattivazione della linea. Costo che la Wind avrebbe corrisposto alla Telecom, unico proprietario delle reti telefoniche.
Per il tribunale di Santa Maria, invece, l’appello della Wind va rigettato. I giudici, in definitiva, hanno dichiarato che le compagnie telefoniche, in caso di recesso dal contratto da parte dell’utente, non possono fare prevedere costi per attività di cessazione del servizio a forfait, ciò alla luce della legge n. 40/2007. Tale norma si pone a tutela della trasparenza delle tariffe telefoniche, nonché a difesa del consumatore che deve sempre essere consapevole di tutti gli effettivi prezzi del servizio.
Viceversa, la previsione di costi forfettizzati, equivale, di fatto, all'applicazione di un corrispettivo standardizzato per il recesso dal contratto, in contrasto quindi con la Legge n. 40/07. I giudici di merito casertani continuano dicendo che se l’operatore telefonico dovesse addebitare dei costi all'utente, lo stesso è tenuto a fornire una specifica prova di questi ultimi" . Visto che nel caso concreto la Wind non ha fornito una tal prova, la stessa è stata condannata a restituire i soldi all'utente e al pagamento delle spese processuali.
Come difendersi e chiedere il rimborso in tali ipotesi?
Se non si vuole presentare ricorso dinanzi al giudice, ci si può rivolgere ai Corecom regionali che, gratuitamente, risolvono i problemi con gli operatori telefonici, dando non solo una soluzione al caso specifico ma anche un eventuale indennizzo per il disagio subito.
Solo l’anno scorso infatti ci sono stati 40 milioni di euro di rimborsi e indennizzi agli utenti
Tutti gli utenti che subiscono disservizi, soprattutto in fase di cambio operatore fisso o che lamentano casi di interruzione del servizio ed errate fatturazioni, possono inoltre rivolgersi a Conciliaweb, un sistema centralizzato di gestione delle controversie. Ecco dunque che ci si può difendere anche contro la modifica dei costi (a partire dal 1° Luglio 2018) di disattivazione delle linee Fibra e Solo Voce e ADSL della compagnia TIM.