Il Consulente tecnico d’ufficio (CTU) è un professionista dotato di specifiche conoscenze tecniche, il quale è chiamato ad assistere il magistrato, essendo egli un ausiliare del giudice. L’incarico affidato al CTU infatti può avere proprio una finalità integrativa nei casi in cui la perizia mira ad integrare le conoscenze del giudice con quelle specialistiche, tecniche e scientifiche.
Può inoltre consistere nell’acquisizione e nell'esame di fatti rilevanti o in una verifica dello stato dei luoghi o della condizione delle cose. In tal caso ha una finalità istruttoria. Il CTU deve inoltre esser iscritto nei rispettivi ordini o collegi professionali. L’attività del consulente tecnico inoltre è ritenuta un mezzo istruttorio e non una prova vera e propria. La Corte di cassazione, a proposito dell’attività del CTU ha statuito con una recente sentenza n.1186 del 22.01.2016 che spetta sempre al giudice la valutazione della compatibilità tra malattia e lavoro.
Descrizione del caso al vaglio della Cassazione
La vicenda da cui trae origine la decisone ha riguardato una donna che proprio perché era affetta da una grave patologia, che gli impediva di svolgere qualsiasi attività lavorativa ha chiesto il riconoscimento del diritto di ottenere l’assegno d’invalidità.
La Corte d’appello però ha rigettato il suo ricorso, anche per via della perizia effettuata dal CTU dalla quale si evinceva che la malattia non indiceva sulla capacità di lavoro in occupazioni confacenti. La donna decide quindi di ricorre in Corte di Cassazione che invece le dà ragione. I giudici di legittimità, ribaltando dunque il verdetto della decisone di secondo grado, hanno quindi ritenuto sussistente il requisito sanitario di cui all'articolo 1 della L. n. 222/84. L’assegno di invalidità viene infatti accordato solo previa verifica del requisito della riduzione a meno di 1/3 in modo permanente della capacità di lavoro in occupazioni confacenti agli interessi del proponete la domanda amministrativa.
Tali presupposti, a detta degli Ermelini, devono inoltre essere effettuati in concreto, con riguardo al potenziale impiego delle energie residue del soggetto interessato in attività confacenti non usuranti, e non dequalificanti. I giudici di legittimità hanno fatto inoltre riferimento anche al referto della commissione dell'Asl che aveva riconosciuto una invalidità del 100% .
La Suprema Corte si pronuncia sui limiti dei poteri del CTU
Sulla scorta di tali motivazioni gli Ermellini hanno accordato il diritto all’assegno di invalidità alla donna, soffermandosi quindi sul ruolo e i poteri del Ctu nel caso di un processo previdenziale. Quest’ultimo infatti deve infatti astenersi dall’effettuare una valutazioni sulla qualificazione giuridica di fatti e di comportamenti.
Egli infatti deve sempre attenersi a valutazioni di ordine tecnico e non giuridico, le quali spettano al giudice. Ne consegue, a detta dei giudici di legittimità, che nel caso di specie, le specifiche valutazioni parametrate al tipo di infermità non dovevano rientrare nelll’ambito di competenza del consulente tecnico, ma dovevano essere effettuate esclusivamente dal magistrato. La Suprema corte ha quindi disposto il rinvio del giudizio ai colleghi dell’appello, proprio perché essi si sono astenuti da tale valutazione, attenendosi esclusivamente alla perizia tecnica del CTU senza fare ulteriori indagini. Per info di dirtto premi il tasto Segui