La Naspi, il sussidio di disoccupazione che dall’anno scorso è entrato nel palinsesto degli ammortizzatori sociali Inps in pianta stabile, fa sempre discutere. Molti i lavoratori penalizzati dal nuovo sussidio di disoccupazione, gli stagionali in primis, di cui sempre si parla, ma anche altre categorie. Nel 2016 però, con i vari interventi tampone fatti dai legislatori in concorso con l’Istituto di Previdenza Sociale, qualcosa è cambiato ed a giovarne sono i lavoratori somministrati, le colf ed i collaboratori domestici e quelli a domicilio.

Alcuni requisiti necessari per la Naspi di queste categorie di lavoratori, sono rimasti attivi, ma meno rigidi di prima. Vediamo di cosa stiamo parlando e cosa è cambiato.

Lavoratori domestici e requisito delle 30 giornate

Uno dei requisiti necessari per percepire la Naspi, per tutto il panorama dei lavoratori che perdono il proprio posto di lavoro e che intendono presentare domanda per la disoccupazione è quello dei 30 giorni di lavoro effettuati. Bisogna infatti aver lavorato almeno 30 giorni nei 12 mesi che precedono la cessazione del rapporto di lavoro. La particolarità del lavoro domestico, non permette bene di stabilire la durata del lavoro effettivamente svolto dal dipendente.

Le collaboratrici domestiche, le colf e le badanti, hanno tipologie contrattuali particolari, basate sulle ore di lavoro di una giornata che non è standard, cioè non prevede orari fissi e continui. L’INPS su questo punto ha chiarito tutto indicando le modalità di calcolo della giornata lavorativa partendo dalle ore di lavoro. Secondo le norme in azione nel 2016, il requisito delle 30 giornate di lavoro si ritiene soddisfatto con 120 ore lavorate. In parole povere, basterà avere caricate 5 settimane di contribuzione effettiva per poter presentare istanza di disoccupazione. Infatti, al raggiungimento di 24 ore di lavoro, sarà completata una delle cinque settimane utili al requisito.

Vale per tutti?

Il meccanismo è stato creato proprio per venire incontro a categorie di lavoratori particolari che in prima battuta, risultavano penalizzati dal nuovo sussidio, a tal punto da non poterne beneficiare. Oltre che per i domestici, anche per i lavoratori a domicilio, quelli impegnati in periodi di lavoro all’estero. Restano fuori da questa particolare salvaguardia di calcolo i lavoratori con contratti di somministrazione e quelli intermittenti. I periodi saltuari a cui sono costretti queste tipologie di dipendenti causano diverse fasi di non lavoro. L’INPS ha chiarito che le fasi di non lavoro non servono al calcolo della durata della Naspi e nemmeno al soddisfacimento dei requisiti di accesso necessari, siano essi quello dei 30 giorni o delle 13 settimane del quadriennio.

Per questi, l’unico vantaggio dei periodi di non lavoro è la neutralizzazione del calcolo ai fini del periodo di osservazione. In altri termini si allungano i 12 mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro e si allungano i 4 anni precedenti.