Ancora novità dal mondo della scuola: secondo i sindacati, la proposta di Valentina Aprea di chiudere gli istituti professionali statali sarebbe un salto nel passato, in quanto, con un tipo di organizzazione delle formazione professionale differente e in mano al Ministero del Lavoro, si rischia di impedire la mobilità sociale e fare in modo che la scelta della Scuola superiore, a un età ancora molto bassa, rappresenti una sorta di 'destino'.

Insomma, i primi a soffrirne sarebbero gli stessi allievi, oltre alla scuola in generale: in questo modo, si perderebbe un gran numero di studenti con la maturità e si rischierebbe di scendere ancora di più nella classifica europea della 'formazione giovanile'. C'è anche un altro nodo da sciogliere: sono circa 60mila i docenti che hanno titolarità di cattedra in istituti professionali, quale sarà il loro futuro lavorativo? La proposta, insomma, ha suscitato un vespaio di polemiche.

Chiusura istituti professionali: la proposta Aprea

Valentina Aprea, consigliere regionale della Lombardia (oltre che ex-vice Ministro dell'Istruzione in uno dei governi Berlusconi), è intervenuta in un convegno, svoltosi a Torino, sul futuro della formazione in Italia organizzato il 23 giugno dall'Associazione Treelle.

La sua proposta parte dalla questione della crisi della formazione professionale: secondo l'ex vice ministro bisognerebbe chiudere gli istituti professionali statali e potenziare i Centri per la formazione professionale a carattere regionale. Alla domanda su quale potrebbe essere il futuro dei circa 60mila docenti che ogni giorno entrano in classe in una scuola professionale, la Aprea ha parlato della grande possibilità offerta dal potenziamento: insomma, si tratterebbe di riassorbire queste 'eccedenze' all'interno dell'organico del potenziamento. Se questa prospettiva è possibile per materie più generali (come italiano e matematica), molto più difficile sembra il futuro per coloro che insegnano discipline molto specifiche e caratterizzanti.

Le polemiche contro la chiusura degli istituti professionali

Ad intervenire con un duro comunicato è stato il sindacato Cgil che parla di 'soluzione finale' nei confronti di un settore della formazione scolastica già decisamente bistrattato dalle precedenti riforme. Le critiche sollevate si pongono su più livelli: innanzitutto, il futuro dei 60mila docenti che, di fatto, perderanno il lavoro; in secondo luogo, il futuro di circa 500mila allievi che perderanno la loro 'scuola'; infine, la questione del futuro della formazione in Italia: la scuola, anche quella professionale, dovrebbe formare oltre che un 'professionista' anche un cittadino, quale sarà il futuro per questa gioventù italiana? Secondo la Cgil, si vuole andare verso un sistema che anticipi l'età lavorativa dei giovani a discapito di una possibile formazione più ampia e che possa aprire orizzonti differenti da quelli connessi alla professionalizzazione. Per aggiornamenti sul mondo della scuola, cliccate su 'Segui' in alto sopra l'articolo.