Come mai le imprese italiane sono eccellenti quando lavorano all’estero e, invece, quando lavorano in Patria lasciano a desiderare? Eppure in molti casi la normativa di riferimento è la stessa, a livello Unione europea, o è molto simile, a livello internazionale.
I principali problemi italiani e il contesto
Si può credere che i problemi siano: a) tecnici, chi/come progetta e controlla la realizzazione dell’opera; b) amministrativi e giurisdizionali, chi/come applica la normativa e dirime i contenziosi; c) finanziari, come/quando si paga il prezzo.
Senza contare tutte le criticità di contesto, accentuate dal progressivo manifestarsi di tutte le carenze sub a, b, c, con le loro perverse conseguenze: ritardi nella conclusione dei lavori, fino alla mancata conclusione; scadente qualità dell’opera, fino all’inutilizzabilità, lasciando da parte i temi della durabilità; aumenti dei prezzi apparentemente assurdi, anche ben oltre il 100%. Criticità che possono essere collegate alla scarsa determinazione della politica.
Infatti pesa molto la scarsa credibilità, per non dire la delegittimazione, dei decisori politici nei confronti dei quali, dopo tutti gli scandali venuti alla luce e quelli rimasti in ombra, aleggia sempre pesantemente il dubbio sulla corruzione, propria o impropria; dubbi che spesso derivano da un semplice difetto di trasparenza sulle scelte e di dialogo con tutti coloro che sarebbero più direttamente interessati al singolo intervento.
Tuttavia sul tema del dialogo si è finalmente compreso che si doveva intervenire e, così, avremo anche noi quel “dibattito pubblico” che, altrove, giova molto ad evitare le reazioni del pubblico rispetto a pretese violazioni di qualsiasi genere derivanti dalla realizzazione dell’opera, ma serve anche a rifinire le scelte, sia progettuali che operative, dopo di che si può procedere senza soste ai lavori.
Tornando all’abbecedario
Pertanto possiamo dire che, per varie ragioni, in Italia: a) la cultura del progetto è scarsa, non tanto per incompetenza dei tecnici quanto per una loro storica sudditanza di questi alla politica - che vede l’opera pubblica come una medaglia da appuntare sul petto del politico di turno, piuttosto che qualcosa di utile per la collettività - così i progetti ben di rado sono propriamente esecutivi, determinando varianti, ritardi, aumenti di costi e scarsa incidenza della funzione di controllo dei lavori;
b) la cultura della responsabilità è assente così, salvo sporadici interventi della magistratura contabile o penale, succede che alla fine, nell’intrico delle competenze, quasi mai ci sia un colpevole, per quanto grave possa essere l'accaduto; anche perché, sul piano del puro formalismo legale, si controllano i timbri piuttosto che i risultati, considerati irrilevanti sul piano strettamente legale;
c) la cultura della correttezza e della regolarità manca, tanto che troppo spesso è la parte pubblica la prima a non onorare i suoi impegni, non pagando il dovuto anche a quanti hanno regolarmente eseguito ciò che era stato commissionato loro; mentre si continua a pretendere dalle imprese il pieno e puntuale adempimento di tutte le loro obbligazioni, civili, previdenziali, fiscali.
In conclusione
Così, se questa analisi sintetica è corretta, l’enigma dei lavori infiniti si collega a quella riforma della pubblica amministrazione di cui da troppo tempo avvertiamo il bisogno, senza riuscire a realizzarla, soprattutto perché non siamo capaci di coniugare il potere con la responsabilità nel fare efficace ed efficiente.