Già licenziato dal Senato, è in discussione alla Camera il ddl n. 1678 recante delega al Governo, che dovrà essere attuata entro il 18 febbraio 2016, per il recepimento delle direttive europee n. 23, 24 e 25/2014. Il testo approvato al Senato è composto di un unico articolo che determina trentuno principi e criteri direttivi, cioè la "cornice" entro la quale il Governo dovrà riformare, abrogando le attuali disposizioni, la materia degli appalti pubblici e delle concessioni. La riforma è da tempo attesa dall'opinione pubblica, specie dopo gli scandali legati alla Tav e ad Expo 2015, ed è salutata con favore da quasi tutte le forze politiche.
"Grazie all'approvazione di questa delega - ha dichiarato il senatore socialista Enrico Buemi, membro della commissione Lavori Pubblici - chiudiamo una stagione di predazione del Paese" Queste le principali novità della riforma. L'offerta economicamente più vantaggiosa è prevista come criterio preferenziale per l'aggiudicazione degli appalti, superando l'attuale ricorso al massimo ribasso anche nei servizi ad alta intensità di manodopera: finisce così il tempo della rincorsa al ribasso, con le conseguenti ricadute negative sulla qualità dei lavori, sulla sicurezza e sui diritti ed i salari dei lavoratori. E' vietata, negli appalti pubblici di lavori aggiudicati con la formula del c.d. general contractor, l'attribuzione dei compiti di direttore dei lavori allo stesso contraente generale.
Un ruolo centrale di indirizzo e vigilanza è attribuito all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC). Presso lo stesso ANAC, inoltre, è istituito un albo nazionale dei componenti delle commissioni giudicatrici. E' introdotta una procedura (c.d. débat public) che prevede il coinvolgimento, già in fase di programmazione e progettazione delle infrastrutture di particolare impatto ambientale, delle comunità locali interessate.
Si limita il ricorso all'appalto integrato. E' fatto divieto di introdurre, o di mantenere negli atti di recepimento, livelli di regolazione superiori a quelli richiesti dalle direttive UE, in un'ottica di semplificazione (c.d. divieto di gold plating). Si introduce la garanzia globale di esecuzione (c.d. performance bond).
Si riformano anche il sistema di project financing, il partenariato pubblico-privato e le società di attestazione. Si regolamentano le lobby e di metodi di ADR, anche in materia di esecuzione del contratto. Si prevedono forme di centralizzazione delle committenze e di riduzione del numero delle stazioni, nonché degli oneri documentali a carico dei soggetti partecipanti ed, infine, una semplificazione delle procedure di verifica.
Addio ai c.d. affidamenti in house e porte aperte al mercato e alla concorrenza.
La riforma, infine, impone l'individuazione, per le procedure di affidamento, di modalità volte a garantire adeguati livelli di concorrenzialità e trasparenza anche per gli appalti e le concessioni tra enti nell'ambito del settore pubblico.
A questo proposito, tuttavia, si registrano le resistenze dei concessionari autostradali e dei sindacati di categoria, uniti nell'osteggiare la nuova legge, che minaccia di mettere in pericolo migliaia di posti di lavoro. Con l'entrata in vigore della riforma, infatti, le aziende il cui capitale è detenuto da un ente pubblico che affida loro i lavori di manutenzione (le c.d. società in house) rischiano di chiudere i battenti, lasciando a casa i loro dipendenti. A lanciare l'allarme sono gli edili di Cgil, Cisl e Uil, dopo un incontro con i vertici del gruppo Gavio, ma il problema riguarda anche altre realtà, a partire della Pavimental S.p.A.di Autostrade per l'Italia. "Vogliono davvero salvare le loro società in house e i lavoratori?
Bene, allora le mettano sul mercato, cedano il 51% delle loro quote e così potranno partecipare alle gare che loro bandiranno", è la secca replica del senatore democratico Stefano Esposito, primo firmatario del ddl in discussione alla Camera. La parola, adesso, passa al Parlamento e poi al Governo.