Un archivio da scandagliare da cima a fondo fatto di foto e video che fanno della ferocia il loro punto di forza. È questa l'arma di difesa comune in possesso dei social-colossi americani per eccellenza contro la minaccia terroristica on line dell'autoproclamato Stato Islamico di Iraq e Siria. È una strategia studiata a tavolino quella di Facebook e YouTube per fronteggiare la becera pubblicazione dei noti contenuti multimediali di decapitazioni e follie varie da parte degli esaltati estremisti.

Per ora il sistema funziona quasi alla perfezione. I controlli sulle piattaforme sono intensi e solo hacker professionisti di una certa levatura potrebbero tentare di aprire una falla nel rigido apparato.

Lo stesso Presidente Usa chiedeva una maggiore sicurezza in rete e le risposte positive sono arrivate immediatamente. Il meccanismo di riconoscimento della cruenza in base a similitudini con file già riconosciuti come illegali è frutto del lavoro dei maggiori esperti informatici che da sempre sono al servizio dei media sociali per antonomasia. Per combattere la crudeltà è quindi necessario conoscerla e ciò rappresenta un punto a favore delle multinazionali statunitensi, spesso criticate riguardo alla violazione della privacy.

È  bene distinguere i diritti dei cittadini per bene da quelli che fanno dell'eversione il loro credo e almeno in questa occasione sarebbe impossibile non essere d'accordo. Il giusto e lo sbagliato per intenderci. Il confine in questo caso è molto netto. L'eccezione che conferma la regola, verrebbe da dire.

Le nuove linee guida

Le linee guida commerciali della silincon valley sono difatti discutibili e particolare attenzione merita la ormai decennale battaglia fratricida per accaparrarsi il gradimento del pubblico. Un esempio lampante è il recente divieto da parte dei padroni della compagnia fondata a Cambridge di permettere a Vine, l'app di Twitter grazie alla quale è possibile editare miniclip, il pescaggio nel proprio bacino di internauti.

La questione è ovviamente di natura economica, come sempre accade, poiché più le piattaforme proteggono la loro clientela chiudendola a doppia mandata dall'interno, evitando di suggerire indicazioni concorrenziali, maggiore risulta il ricavo pubblicitario. La libertà di movimento del popolo virtuale è quindi meno fruibile di come appare. Quando è il denaro a dominare la scena, difficilmente l'etica viene rispettata.