Papa Francesco per lungo tempo ha fatto discorsi astratti di grande impatto emotivo, ha dato anche dei segnali per ricordare il poverello d’Assisi.  È andato, nella sua prima uscita, a Lampedusa, luogo di sbarco dei profughi e degli immigrati, ha detto loro, anche simbolicamente, venite venite, vi aspettiamo, vi accoglieremo per purificare la nostra coscienza, per esercitare la nostra carità cristiana.

E sono venuti a frotte, in massa per terra e per mare. Sono fuggiti, spinti da guerre combattute con armi occidentali per motivi religiosi e umani, spinti dalla fame, animati dall’innato desiderio della conquista di un sogno.

Sono venuti e il Papa ha continuato a benedire e santificare l’accoglienza, ma niente di concreto.

Poi un giorno qualcosa è successo alle porte della Germania e la Merkel la cattiva, la tedesca, ha avuto un’illuminazione e a buona matematica ha fatto due calcoli. Ha pensato che l’occasione poteva essere ghiotta per la sua immagine, compromessa per la questione greca, e soprattutto per l’industria tedesca senza braccia per colpa della crisi demografica.

 Ha aperto le frontiere e ha stanziato prima tre poi sei miliardi di euro per l’accoglienza e soprattutto per la formazione e l’insegnamento della lingua. Una cifra enorme, da grande potenza.

È stato un atto in grado di cambiare il senso degli eventi. Un atto inatteso, di alta simbologia e concretezza insieme che ha spiazzato tutti.

Il Papa è stato come folgorato, è uscito alla finestra e ha impartito istruzioni concrete, per la prima volta, a porporati, vescovi, sacerdoti e monaci. A tutti ha detto di accogliere una famiglia straniera nelle parrocchie e nei monasteri. Da calcoli approssimati per difetto, la Chiesa potrebbe accogliere nelle sue strutture oltre 400.000 stranieri.

Basta solo accogliere? E dopo?

Chi viene, qualunque sia il motivo, non può essere tenuto come ospite senza far niente: deve essere integrato, ha bisogno di lavorare. E il lavoro chi lo crea? A quali condizioni? L’esperienza ci dice che gli stranieri già sono sfruttati, a volte come schiavi, nei terreni e nelle fabbriche.

Anche Renzi per lungo tempo se n’è stato in disparte. Si è preoccupato d’altro dentro e fuori il partito, ha lasciato che Alfano, sempre più impettito, fosse sommerso dagli sbarchi e dai tanti problemi connessi, con un Salvini martellante.

La Merkel ha svegliato anche Renzi che, con navigato opportunismo, si è buttato a capo fitto nel campo della solidarietà e dell’accoglienza.  Ha tuonato: “Non c’è Pd contro le destre, ma umani contro bestie”.  Lo scontro così si è radicalizzato, su un terreno ideologico. La mossa di Renzi è piaciuta ai cattolici ma anche alla sinistra del suo stesso partito e ai transfughi come Civati e altri.

La Turco, quasi commossa, ha inneggiato alla Merkel, che la sinistra e la stampa hanno issato sul piedistallo dei grandi statisti, di chi sa guardare lontano a favore del proprio popolo e sa interpretare le sfide epocali.

Una politica umana, troppo umana.