Il regime dittatoriale imposto da Ilham Aliyev, figlio dell’ex presidente dell’Azerbaigian Heydar Aliyev, non si riscontra esclusivamente nei risultati elettorali – contestati dall’OSCE nel report finale delle presidenziali del 2013 – ma anche nella metodologia scrupolosa con la quale ogni articolo che appare sugli organi di stampa, di qualsiasi nazione, venga sottoposto a un rigido controllo da parte dell’organo di censura azero.

In Azerbaigian, ovviamente, vige il regime del "pensiero unico" e la libertà di stampa è molto, fin troppo limitata. 

Ogni opinione differente da quella che descrive positivamente la presidenza-dittatura di Ilham Aliyev viene puntualmente contestata e l’autore viene inserito in una particolare lista, la cosiddetta lista di personae non gratae. Una vera e propria black list che evidenzia, Stato per Stato, come viene effettuato un controllo scrupoloso da parte di ogni persona vicina al dittatore Aliyev.

Per far parte del gruppo delle persone non gradite a Baku, basta ad esempio esprimere la propria opinione in merito al Nagorno-Karabakh, la regione azera indipendente "de facto", sulla quale si è scatenato un violento conflitto tra l’Armenia e lo stesso Azerbaigian.

L’indipendenza del Nagorno-Karabakh, etnicamente armeno ma inglobato nella Repubblica Socialista Federativa di Azerbaigian con lo status di regione autonoma, non è risultata contraria alle leggi sovietiche: in qualità di regione autonoma aveva il diritto di autodeterminarsi, qualora la Repubblica della quale era parte si fosse resa indipendente dall’Unione Sovietica. Successivamente, a seguito anche della difficoltosa convivenza tra azeri e armeni nella regione che, negli ultimi anni, era stata protagonista di numerosi atti di violenza, il 31 gennaio iniziarono i bombardamenti azeri sulla regione, ormai Stato indipendente. Il Nagorno-Karabakh assume un ruolo essenziale per la politica estera di Aliyev, e qualsiasi opinione che sia contraria alla propaganda ufficiale di Baku viene fortemente criticata da ogni membro dell’establishment azero.

Giornalisti stranieri messi sotto accusa da Baku

La black list dell’Azerbaigian racchiude cittadini italiani – analizzando solo quella riferita al nostro Paese – di qualsiasi professione che si sono recati in visita a Step'anakert, hanno sostenuto pubblicamente l’indipendenza della regione, la sua naturale vicinanza all’Armenia, o solamente criticato i metodi dittatoriali del regime di Aliyev. La lista, infatti, comprende personaggi di spicco del giornalismo italiano, come Milena Gabanelli o Giovanni Raia, giornalista de "La Repubblica", ma anche scultori, architetti, attori e musicisti. Queste sono tutte persone che, fino a quando non cambierà il regime di Aliyev, non potranno più accedere al territorio dell’Azerbaigian; sono tutte persone che, con il loro lavoro di denuncia contro la dittatura del leader azero, sono state capaci di creare fastidio alla nomenklatura di Baku.

Dalla Macedonia di Gruevski alla Turchia di Erdogan, che ha chiuso i media non allineati per garantire l'uniformità delle informazioni in occasione delle elezioni di novembre, l'Azerbaigian di Aliyev e numerosi Paesi tra il Medio Oriente e l'Africa, stanno dimostrando che la libertà di stampa è un diritto che ancora deve essere conquistato pienamente, diversamente da quanto accade nei Paesi occidentali.