Nei corridoi di Palazzo Madama si racconta di un Renzi fuori di sé per il dietrofront del movimento pentastellato sul supercanguro che avrebbe dovuto portare all'approvazione del Ddl Cirinnà. In prima battuta, il M5S ha tentato di mettere in difficoltà il governo sostenendo di votare il Ddl solo nel caso in cui non fosse stato modificato nulla al testo di legge presentato.

Ma nel momento in cui si sono trovati di fronte al fatto compiuto, con un Pd compatto sul testo, i grillini hanno fatto un passo indietro. Prima della votazione i cinquestelle  avevano organizzato una riunione piuttosto tesa al Senato, senza lasciar tralasciare alcuna posizione. Durante la seduta in aula, il capogruppo del movimento, Roberto Aiuola, annuncia: “Non posso costringere il mio gruppo a votare il canguro”. Ed è il caos.

Le possibili modifiche

Questa mattina il ministro Boschi era arrivata a Palazzo Madama per cercare di trovare una quadra sul tema ed evitare di arrivare ad un nulla di fatto, come già successo in passato per il Ddl sull’omofobia.

L’opzione più plausibile, a questo punto, è uno stralcio dell’art. 5 sulla stepchild adoption al fine di trovare un accordo con Ncd e Cattodem.

La posizione di Area Popolare

I senatori di Area Popolare, attraverso le parole del capogruppo Renato Schifani, si sono già detti “favorevoli ad appoggiare un disegno di legge che promuova le unioni civili, ma che ripristini una geometria più consona ai confini della maggioranza”, chiedendo di fatto un dietro front sulla stepchild adoption

Anche Lega e Forza Italia aprono alla possibilità di un’intesa sulle unioni civili, con l’approvazione però di alcuni emendamenti da loro presentati.

Cosa succede ora

Il Ddl Cirinnà torna così in aula, ma il Pd scarta l’ipotesi di un voto spacchettato che servirebbe a garantire il via libera almeno sui primi articoli che disciplinano le sole unioni civili, tenendo a parte gli aspetti più controversi del provvedimento.

Visto che i numeri sono troppo in bilico, il governo preferisce dunque prendersi qualche ora di tempo per studiare una nuova strategia e non lasciare che il disegno di legge si risolva in un nulla di fatto.