Dal 1° aprile è partita ufficialmente l’anagrafe dei conti correnti, cioè la banca dati in cui confluiranno tutti i dati di tutti i rapporti bancari dei cittadini. Il Fisco avrà in mano tutti i dati, dal saldo iniziale a quello finale ed alla giacenza ,media di ciascun conto, carta di credito e così via. Equitalia ha già chiesto in sede Parlamentare, di poter utilizzare questi dati per rendere più facile la riscossione di crediti difficili.

In parole povere, i conti correnti degli italiani, sono attaccabili dal Concessionario per la Riscossione e le norme lo permettono senza sconti. Vediamo tutto quello che c’è da sapere e come potersi difendere, per quel poco che si può.

Pignoramento dei conti correnti

Un istituto molto frequente per i debitori è il pignoramento del conto, cioè il fatto che Equitalia chieda alla Banca di congelare il conto corrente del debitore in attesa di vedersi pagare una cartella ed in via definitiva per prelevare il dovuto in caso di mancato riscontro da parte del cittadino. Infatti, in linea di massima, un debitore ha tempo 60 giorni per pagare la cartella intimatagli dal Concessionario.

Può capitare che questi, nel frattempo abbia provveduto a far bloccare il conto corrente con tutte le somme già accreditate e con le somme che nei 60 giorni continuano ad accreditarsi. Significa che se il cittadino vuole utilizzare quel conto e quindi utilizzare i soldi su di esso presenti, non potrà farlo, a meno che non provveda nei 60 giorni a pagare il dovuto ad Equitalia e chiedere la rimozione del blocco. Decorsi i 60 giorni, nulla vieta ad Equitalia di prelevare forzosamente dal conto il corrispettivo del debito dovuto.

Cosa è tenuta a fare Equitalia e cosa permettono le norme a difesa del cittadino

Il cittadino in questa circostanza ha poco da fare, anche se Equitalia deve attenersi ad alcune regole.

Innanzi tutto, il blocco del conto corrente o pignoramento come lo si definisce comunemente, deve essere comunicato al debitore ed alla Banca. Sulla tempistica della comunicazione però, le norme non specificano niente e quindi, la prassi comune utilizzata dalla Riscossione è quella di avvisare in via preventiva la Banca e solo successivamente il cittadino. Sull’argomento, il Viceministro Morando ha risposto ad alcuni quesiti dando ragione all’operato del Concessionario per la Riscossione perché la manovra serve ad evitare che i cittadini svuotino il conto prima del blocco. Questo significa che può capitare di andare in Banca e trovarsi il Conto bloccato improvvisamente, con conseguenze che rischiano di essere pesanti per eventuali assegni già spesi che non hanno completato il giro utile al pagamento, rate o bollette da pagare caricate sui conti e così via.

Bisogna però sapere che la Legge non consente ad Equitalia di prelevare gli importi necessari alla sua soddisfazione, a proprio piacimento. Parliamo del “minimo vitale”, cioè di quel limite che non può essere tolto ad un cittadino e che gli consente di tirare avanti. Per il 2016 questo minimo è stabilito in 1.345,56 euro, cioè 3 volte l’assegno sociale. Equitalia può pignorare stipendi e pensioni che finiscono sul conto, solo per la parte eccedente quel minimo vitale. Attenzione però, parliamo di pignoramento, cioè della fase successiva al blocco, il post sessantesimo giorno. La Legge su questo non è molto chiara perché il minimo vitale è applicato al pignoramento, ma non sembra applicabile al blocco. In parole povere, durante i 60 giorni non si sa se il cittadino possa utilizzare quei 1.345,56 o se anche questi risultino congelati.