Cina, Siria e Iran. Sono questi i tre principali Paesi sede delle più pesanti forme di censura on line. Lo denuncia Freedom House che, nel suo rapporto annuale, spiega come la libertà di internet sia ancora una volta diminuita, per il sesto anno di seguito. Lo studio, effettuato da 70 ricercatori, tiene traccia dei miglioramenti o del declino della libertà degli utenti on line a livello globale, analizzando principalmente i sistemi legislativi legati ad internet.
Secondo il rapporto, infatti, esistono governi che stanno inasprendo i controlli per fermare social media come Facebook e Twitter.
Due terzi degli utenti internet, vivono infatti in Paesi costretti a pesanti censure. A livello globale, il 27 per cento di essi vive in Paesi dove le persone rischiano di essere arrestate per aver condiviso un “post” o semplicemente messo un “like” su Facebook.
Questo inasprimento dei controlli è un chiaro segnale della potenza dei social media come diffusori di informazione. A pagarne il prezzo non sono solo gli utenti dei social network ma le principali applicazioni di comunicazione come WhatsApp e Viber, vietate e inaccessibili in Paesi come la Cina e sotto costante controllo in altri Paesi al fine di rendere sempre più specifica la censura.
Lo studio, che copre l’88 per cento della popolazione on line nel periodo 2015-2016, spiega come tali governi arrivino a censurare varie forme di contenuti diversificati fra loro. Ampliare la censura significa, infatti, arrivare a trovare sottoscrizioni di petizioni digitali o inviti a manifestazioni. Secondo il rapporto in alcuni governi, definiti democratici, si è arrivati all’approvazione di leggi antiterrorismo che limitano sempre più la privacy degli utenti.
Fra i Paesi oggetto dello studio la Cina è risultata essere il peggiore in termini di libertà mentre per 14 Paesi è stato registrato un miglioramento, fra questo lo Zambia, il Sud Africa e gli Stati Uniti. L’Italia figura come ‘libera’ anche se non mostra ulteriori segnali di miglioramento.