Il generale di Brigata Massimo Panizzi, comandante della Regione Militare Nord, è stato insignito all'ambasciata di Francia a Roma dell'Ordine cavalleresco della Legion d'Honneur, all'altezza degli eroi di Thaly. È la più alta onorificenza attribuita dalla Francia per meriti straordinari. Lo storico corpo militare ha perso la mistica combattentistica e non è certo più la Legione straniera di Jean Gabin e di Gary Cooper: La maggior parte degli aspiranti legionari sono ragazzi dell'Est che vogliono acquisire la cittadinanza francese, dedicandosi agli interventi di peace enforcing e di peace keeping.
Rimane, però, sempre un simbolo di patriottismo e generosità.
Al generale Panizzi sono stati riconosciuti, oltre al personale impegno con le Forze Armate francesi nelle missioni in Bosnia Erzegovina e in Kosovo, anche "la professionalità e determinazione nel portare a termine il progetto di costituzione del Comando Brigata binazionale italo-francese", composto dalla Brigata alpina Taurinense e dalla 27esima Brigata di truppe da montagna dell'Esercito francese. "È una soddisfazione - ha commentato il generale- che desidero condividere con tutti gli ufficiali, i sottufficiali e i militari che hanno lavorato insieme a me e che hanno contribuito a questo risultato.
Questo importante riconoscimento è anche loro".
Gli storici legionari
Ora la ferma obbligatoria è di 5 anni, lo stipendio mensile è di 1300 euro, e al momento i legionari sono 7mila200. Nei secoli per loro non ha contato per cosa si combatteva, ma come lo si faceva, dall'impresa ottocentesca in Messico contro gli Indios, fino ai pieds noirs algerini e all'Indocina. Nel libro Fra i dannati della terra, il consigliere regionale, ex assessore alla cultura Gianni Oliva ha ricostruito le biografie e i valori dei singoli arruolati in quasi due secoli. Un corpo militare internazionale, ma squisitamente francese per origine, istituito nel 1831 da re Luigi Filippo, detto "Egalitè" per conquistare l'Algeria, in un conflitto definito "sale de guerre", ovvero guerra sporca.
Ci sono stati legionari dalla biografia indissolubilmente legata alla storia francese, conferendole quasi un'allure "border line": Erano idealisti reduci da una rivoluzione fallita, romantici stufi di chiacchiere salottiere, balordi in fuga, affamati in cerca di uno stipendio.
Sempre, comunque, storie di barricate e di passione come quella risorgimentale di Carlo Pisacane, l'eroe biondo della Nunziatella, di vitalismo irrequieto come quello del veneziano Francesco Zola, padre della scrittore Emile, a cui è ispirata la ficiton Rai, come carattere l'opposto del genitore. Ladro per amore, Il padre del romanziere realista era, in verità, un ingegnere in cerca di nuove sfide professionali. Invece, l'eclettico intellettuale Curzio Malaparte, partì volontario nel 1914.
Sono storie di ribellione, come quella del principe reale Aage, che lasciò la corte di Copenhagen per combattere con il kepì bianco, copricapo simbolo, in Marocco; vicende di fuga come quella del gerarca Giuseppe Bottai, da intellettuale a soldato semplice in cerca di anonimato nella Legione.
Può anche essere un trampolino di lancio come lo è stato per Simon Murray, prima volontario in Algeria e poi finanziere ai vertici della Deutch Bank in Asia. I loro valori hanno sempre informato la Legion d'Honneur dall'impresa in Messico contro gli Indios, tra i pieds noirs algerini e in Indocina contro i wietcong e i wietminh di Hochiminh e Giap.