Il governo cileno guidato da Michelle Bachelet ha investito fortemente nelle energie rinnovabili nel corso degli ultimi anni e la roadmap, annunciata dal ministro dell'energia Maximo Pacheco lo scorso settembre, prevede che nel 2050 la percentuale di energia ottenuta con risorse rinnovabili sarà pari al 70 percento della matrice energetica del paese. Il Cile è molto più avanti rispetto agli altri stati dell'America Latina producendo da solo più del resto del continente, grazie anche all'abbondanza di sole, vento e acqua.
In particolare, nel nord e nel centro del Cile la produzione di energia solare è cresciuta così rapidamente che il prezzo dell'energia è crollato. Dall'inizio al 30 aprile 2016 i prezzi hanno toccato lo zero per 113 giorni, avviandosi così a battere il totale di 192 giorni raggiunto scorso anno.
Non è tutto oro quello che luccica
Per quanto possa essere favorevole per i consumatori però questa situazione non lo è certamente né per le compagnie proprietarie delle centrali elettriche, che faticano a produrre utili, né per i costruttori alla ricerca di finanziamenti per nuovi impianti fotovoltaici.
Ma come si è arrivati a questo punto? Negli anni passati il boom nelle attività estrattive, soprattutto di rame, aveva fortemente incrementato il fabbisogno energetico e quindi incentivato lo sviluppo delle energie rinnovabili. La stagnazione attuale a livello globale del settore fa languire l'attività mineraria nel nord del Cile provocando il crollo del prezzo dell'energia e un surplus nella produzione energetica della regione.
Migliorare l'infrastruttura è prioritario
Il Cile ha due reti elettriche separate, quella settentrionale e quella centrale, ma mancano linee di trasmissione che possano adeguatamente distribuire l'energia nelle diverse aree del paese o all'interno di una stessa rete. La questione infrastrutturale è “un'ovvia conseguenza di una crescita troppo rapida e disordinata degli impianti energetici”, spiega il ministro dell'energia Maximo Pacheco, “ma il governo sta lavorando a questo e prevede di ultimare la costruzione di 3000 chilometri di nuove linee entro il 2017, in modo da bypassare i punti di strozzatura”.
I piani del governo cileno non si limitano ai confini nazionali, un miglioramento nell'infrastruttura permetterà infatti al Cile di esportare energia pulita ai paesi vicini. “Siamo in una regione del mondo che ha enormi opportunità di integrazione e interconnessione”, aggiunge il ministro Pacheco. Una speranza per tutti: cileni, sudamericani, investitori internazionali e ambientalisti di tutto il mondo.