I motivi per cui si riceve una multa possono essere vari, e a tal proposito la casistica della giurisprudenza è sempre stata molto varia circa le possibili violazioni del codice della Strada. E' bene ricordare però che in alcuni casi particolari è proprio la magistratura a schierarsi immediatamente dalla parte del cittadino e ad annullare la contravvenzione, una volta che lo stesso la impugna.

In uno di tali ipotesi rientra proprio il cambio di residenza di cui il PRA non ne sia venuto a conoscenza. La Corte di cassazione con la sentenza n.7200 del 13.04.2016 ha statuito infatti che è nulla la notifica di un verbale di multa ad un vecchio indirizzo di residenza, nonostante essa sia stata ritirata dal familiare del destinatario della stessa.

Cambio di residenza e nullità della multa

Gli Ermellini nello specifico hanno rilevato che la notifica della multa per ritenersi valida va sempre effettuata presso il Comune di residenza indicato e registrato all’anagrafe. In caso quindi di cambiamento dell’indirizzo di residenza è a quest’ultimo che va notificata la multa.

Ne consegue che non rileva il fatto che il vecchio indirizzo, dove si riceve la multa, è il solo che ha a disposizione il PRA, perché la P.A. è sempre tenuta a verificare i dati anagrafici del cittadino ai fini della regolare notifica della contravvenzione. Allo stesso modo è irrilevante che a ritirare la multa al vecchio indirizzo sia un familiare. A dirlo è infatti l’articolo 201 del codice della strada che dispone che la notificazione di un atto deve essere sempre fatta dove il destinatario ha la casa di abitazione, l’ufficio o esercita il commercio o l’industria. Il cambio di residenza nel nuovo Comune registrato all’anagrafe consente di salvare l’automobilista se l’ente notificatore non ne sia venuto a conoscenza.

Il caso da cui trae origine la sentenza ha avuto come protagonista un automobilista che aveva ricevuto una contravvenzione al vecchio indirizzo dove viveva ancora con la sorella. Nonostante avesse registrato in Comune il nuovo indirizzo prima della notifica della contravvenzione, questa era stata eseguita all’indirizzo non aggiornato risultante dal PRA. Il cambio di residenza registrato all’anagrafe, nel caso di specie, ha salvato quindi l’automobilista dal pagamento della multa

Se c’è il certificato del pronto soccorso la multa è nulla

La Suprema Corte nella sentenza 7198/2016 ha invece affrontato il caso di un uomo che ha promosso opposizione contro 5 verbali di contestazione di sanzione amministrativa notificati per superamento dei limiti di velocità.

Egli si era trovato in uno stato di necessità, a seguito di una caduta all’esito della quale si era fatto male ad una caviglia nella quale si era formato, un vistoso ematoma, in continuo peggioramento. Si era cosi fatto portare con la sua auto in ospedale dove lo stato di necessità era stato confermato dal certificato del pronto soccorso. Gli Ermellini, accogliendo il suo ricorso, hanno quindi ritenuto che lo stato di necessità, sempre che sia provato, consente di eccedere i limiti di velocità e permette di violare solo in tale ipotesi il codice della strada. Vi deve però essere una proporzione tra il pericolo arrecato alla circolazione e quello che il conducente ritiene che lui corra. La Suprema Corte ha quindi sottolineato i punti nodali della questione ovvero: l’inevitabilità e l’urgenza che sussiste anche se il conducente ritenga che vi sia un pericolo per lui solo imminente indipendentemente se lo sia o meno realmente.

Infine egli deve fornire la prova per dimostrare la sussistenza dell’urgenza e del pericolo (putativo). Il trasgressore dovrà dimostrare ad esempio tramite una prova testimoniale e un certificato medico rilasciato dall’ospedale la presenza del fatto storico che gli ha impedito di rispettare i limiti di velocità. I giudici di legittimità hanno quindi provveduto ad accoglie il ricorso, cassare senza rinvio la sentenza impugnata, annullando quindi il verbale impugnato.