Sono le ore 23.15 del 25 luglio 1956 quando la nave svedese Stockholm della Swedish America Line sperona pesantemente la nave Andrea Doria, che comincia in poco tempo a imbarcare tonnellate di acqua, iniziando ben presto a piegarsi su un fianco. Un naufragio che ricorda molto quello accaduto al Titanic oltre 30 anni prima, ma che conta molte meno vittime anche grazie al tempestivo e accurato intervento dei soccorsi.
E grazie anche alla grande abilità ed esperienza del capitano che non ha mai fatto mancare la luce sulla nave fino alla fine, restando a dirigere le operazioni di salvataggio in prima persona.
Soccorsi tempestivi e ben organizzati
Dopo lo scontro con la nave svedese, la procedura di intervento è scattata prontamente e si è dipanata in maniera fluida e funzionale: i morti che ci furono sono solo le 41 vittime presenti nelle cabine dove l'acqua è entrata immediatamente quando la nave è stata speronata. Su una nave che contava ben oltre 1700 passeggeri tra equipaggio e viaggiatori, fu un risultato straordinario.
Alle ore 10.09 del 26 luglio l'ultimo pezzo ancora fuori dalla acque, ovvero l'elica, si inabissò con la nave per sprofondare a 75 metri. Un naufragio che nonostante si sia risolto senza un grosso bilancio di vittime, è rimasto indelebile nel cuore di molti. I testimoni hanno raccontato di temere la sorte del Titanic (in ricostruzione e pronta nel 2018) mentre stavano cercando la salvezza, il terrore non lo hanno mai dimenticato, e il dolore mai superato.
Il capitano e la sua nave
Il comandante Piero Calamai non voleva lasciare la nave, nemmeno quando i passeggeri erano tutti salvi. Rimasto solo sull'Andrea Doria, i suoi collaboratori sono dovuti tornare sopra alla nave per portarlo via con forza.
Il comandante è rimasto segnato tutta la vita per quanto accaduto, tanto che in un'intervista rilasciata dopo il naufragio ha detto: "Ho sempre amato il mare... ora lo odio, questa tragedia è stata la rovina della mia vita". Da segnalare che nel 1972 prima di morire ha pronunciato la sua ultima frase "I passeggeri sono salvi?", segnale di un attaccamento alla "sua" Andrea Doria mai finito. Nel bene e nel male, negli anni successivi è come se fosse sempre rimasto sopra a quella nave.
I sopravvissuti non vogliono che si dimentichi
Pierette Domenica Simpson, una delle sopravvissute al naufragio, racconta la sua storia in un libro. Il suo messaggio è che gli anni non facciano calare il silenzio su una storia che per loro è ancora viva nella memoria.
Pierette racconta che quella sera è rimasta viva nella sua mente, la rivive in ogni attimo, è un fardello di cui nessuno di loro che l'ha vissuta si potrà liberare. Il suo timore è che quando i protagonisti saranno tutti deceduti, nessuno porterà più avanti la memoria di ciò che è successo, tranne le penne di chi avrà volontà di mantenere la memoria a lungo nel tempo.