Cinquant'anni fa Charles Whitman, uno studente di ingegneria dell'Università del Texas ad Austin, salì sulla torre dell'orologio del campus armato fino ai denti. Da allora sono passati molti anni, ma nonostante i pareri di molti esperti e di una commissione istituita ad hoc, tutt'oggi non si conoscono con certezza le motivazioni che spinsero Whitman a compiere un massacro la mattina dell'1 agosto 1966.

Dopo aver accoltellato la madre e la moglie, l'ex marine uccise uccise complessivamente sedici persone e ne ferì altre trentadue nell'arco di un'ora e mezza, prima di essere abbattuto dalla polizia. Quest'episodio di cronaca nera è rimasto impresso nella memoria collettiva degli Stati Uniti, tanto da passare alla storia come la prima sparatoria di massa nel paese non associata ad un'operazione militare sul campo.

Ieri Austin commemorava le vittime di quella mattina estiva attraverso la stessa torre dell'Università del Texas, il cui campanile ha rintoccato esattamente per diciannove volte. Negli Stati Uniti, però, commemorazioni del genere non sono rare: sembra infatti che i campus universitari siano il luogo in grado di stimolare al meglio le fantasie omicide di certi squilibrati.

Nell'ottobre dell'anno scorso uno studente dell'Umpqua Community College, nell'Oregon, ha ucciso a colpi di arma da fuoco otto studenti ed un professore, prima di suicidarsi nello stesso campus dell'università.

A dire la verità, negli Stati Uniti sono proprio le sparatorie tra la folla a non essere una rarità: il 7 luglio del mese scorso, a Dallas, un veterano della guerra in Afghanistan ha aperto il fuoco sulla polizia durante una manifestazione di protesta, uccidendo cinque ufficiali e ferendone altri nove. Però i politici a stelle e strisce si dicono convinti di sapere come arginare il triste fenomeno: Donald Trump, per esempio, ha detto più volte che un cittadino armato potrebbe rivelarsi molto utile per la collettività, dato che sarebbe in grado di abbattere l'aggressore prima dell'intervento della polizia.

Peccato che, come rivela uno studio dell'FBI sulle sparatorie verificatesi tra il 2000 ed il 2013 e riportato da El País, dei centosessanta casi analizzati solo in uno di essi l'aggressore è stato affrontato da un civile armato.

In Texas passa la legge sulle armi nei campus

Ieri, mentre si celebrava la cerimonia memoriale all'Università del Texas, il parlamento texano approvava la legge che consentirà agli studenti - che devono avere almeno 21 anni e permesso - di portare armi nei campus universitari. Sostanzialmente, la nuova normativa, valida per tutte le università pubbliche, prevede il diritto di recarsi armati in quasi tutti i luoghi del campus, comprese le aule didattiche. L'unico limite generale è costituito dagli eventi sportivi, ai quali non si potrà assistere armati.

Una certa discrezionalità di scelta sarà comunque riservata alle stesse università: ad Austin, per esempio, i professori a cui è riservato un ufficio privato potranno proibire agli studenti di portare al suo interno armi da fuoco; altre università potranno invece vietare la presenza di armi nei dormitori. Il nuovo provvedimento legislativo si aggiunge a quello del primo gennaio scorso, che permette di portare armi a vista nelle strade del Texas.

La nuova legge è stata subito accompagnata da dubbi e critiche: la paura principale è che così facendo le sparatorie nei campus possano aumentare, invece che diminuire. Così la pensa, ad esempio, Claire Wilson James, una delle persone prese di mira da Whitman in quel lontano 1966.

Al tempo Claire era appena diciottenne, e incinta. Fu colpita da una pallottola che causò la morte del bambino, ma lei riuscì a sopravvivere. 'Il campus dovrebbe essere un luogo sacro' - ha detto in un'intervista rilasciata al Washington Post, facendo capire chiaramente la sua posizione sul punto. Ma come Wilson la pensano tanti altri professori universitari, che già hanno manifestato le proprie paure sapendo che alcuni studenti saranno armati nelle loro aule.