"Punirò con dazi del 35% alle aziende Usa che si trasferiscono all'estero". A lanciare il monito è il neo presidente americano Donal Trump su Twitter. Con questa iniziativa, egli vuole scoraggiare tutti quegli imprenditori americani che intendono chiudere la propria impresa (con il conseguente licenziamento dei dipendenti) e che intendono produrre all'estero. Una mossa piuttosto pesante quella effettuata dal leader a stelle e strisce che ha il solo scopo di incentivare l'economia statunitense.
A pagarne le spese, nell'immediato, potrebbe essere l'intero settore manifatturiero del Paese, dalla tecnologia alle automobili, presente al di fuori dei confini nazionali. Tutto questo rischia di avviare una corsa agli incentivi senza precedenti, rendendo incontrollabile il budget di diversi stati Usa. Già durante la campagna elettorale, Trump aveva annunciato il suo progetto di porre fine al trasferimento delle aziende all'estero. Il suo programma ha trovato appoggio soprattutto negli Stati della «Rust Belt», dalla Pennsylvania al Michigan, dove vi è una forte presenza di disoccupati a causa della globalizzazione.
Andremo avanti con i nostri investimenti all'estero
A far sentire la voce sono alcuni grandi gruppi, secondo i quali il libero commercio può solo avvantaggiare l'economia e la crescita di posti di lavoro statunitensi. A quanto pare, la vittoria del neo presidente americano non è andata proprio giù a molti cittadini statunitensi. "Trump sarebbe un disastro per l’innovazione" - afferma duramente la-Silicon-Valley, il settore trainante della nuova economia. Sembra addirittura che nel mese di luglio, circa 140 esponenti della Silicon Valley abbiano firmato una lettera contro Trump definendo le sue posizioni contro lo scambio aperto di idee, la libera circolazione delle persone, e l’impegno produttivo con il mondo esterno.
Non si unisce al gruppo la grande società automobilistica Ford, la quale, invece ha deciso di appoggiare il presidente Trump, a patto che le sue iniziative non siano un pericolo per il futuro.